Serve una comunicazione «pulita, chiara, semplice»
È vero, ci sono sempre «difficoltà nel comunicare bene, e nella comunicazione c'è sempre anche qualche pericolo di trasformare la realtà», ha detto Papa Francesco lo scorso fine settimana, ricevendo i partecipanti all'XI Capitolo Generale della Società San Paolo. Così poi, come nella favola di Cappuccetto Rosso, va a finire che «uno racconta, comunica all'altro questo, questo lo comunica a questo, a quell'altro e quell'altro e a giro, quando torna, è come Cappuccetto rosso, che incomincia con il lupo che vuole mangiare Cappuccetto rosso e finisce con Cappuccetto rosso e la nonna che mangiano il lupo. No, non va la cosa! Una brutta comunicazione deforma la realtà».
Per fare buona comunicazione, questa dev'essere «pulita» ed «evangelica». Bisogna essere, in altre parole, dei veri «apostoli della comunicazione», ha detto Bergoglio. E ha spiegato: «Se noi prendiamo i mezzi di comunicazione di oggi, manca pulizia, manca onestà, manca completezza. La dis-informazione è all'ordine del giorno: si dice una cosa ma se ne nascondono tante altre. Dobbiamo far sì che nella nostra comunicazione di fede questo non succeda, non accada, che la comunicazione venga proprio dalla vocazione, dal Vangelo, nitida, chiara, testimoniata con la propria vita».
Per questo non è necessario solo comunicare, ma bisogna anche «redimere la comunicazione dallo stato in cui è oggi, nelle mani di tutto un mondo di comunicazione che o dice la metà, o una parte calunnia l'altra, o una parte diffama l'altra, o una parte sul vassoio offre degli scandali perché alla gente piace mangiare scandali, cioè mangiare sporcizia. Non è vero? È così». Serve una comunicazione «pulita, chiara, semplice». Perché il giornalismo, prima che una professione, «è una vocazione, e la vocazione ti dà l'identità» Solo così la «comunicazione sarà poesia del comunicare bene».