Canzoni da leggere. SEI MINUTI ALL'ALBA
L’aveva scritta per il padre, il Dottore. Perché il padre di Enzo Jannacci la galera l’aveva conosciuta, per aver fatto la Resistenza. In via Rovello a Milano, proprio dove sarebbe nato il Piccolo Teatro, Giuseppe Jannacci fu pure torturato: e anche se non gli comminarono la pena di morte, Jannacci junior pensava a lui quando scrisse, era il ’66, Sei minuti all’alba. Storia di un condannato a morte della sollevazione partigiana.
Tutta una vita per svegliare le coscienze con le canzonette, quella di Enzo: innervandole dei valori ereditati da papà Giuseppe. Compresa la convinzione che neppure la morte, può davvero uccidere chi fino in fondo, a testa alta, è coerente con gli ideali più alti dell’umanità. Certo, mancano sei minuti all’alba. E guarda com’è già chiaro… Ma io ho combattuto per i miei valori! L’8 settembre mi hanno chiamato disertore, eppure ero a lottare per l’Italia quando mi hanno preso. Solo l’altro ieri, già. E ora mancano sei minuti all’alba. Tocca farsi forza, dai. A che serve vivere, se non impari a essere uomo? Chiamano, è l’ora: su, andiamo, ci vuole un bel finale. In questa vita, ma a volte anche in questa morte, c’è una faccenda fondamentale, canta Jannacci, che dobbiamo ricordarci. «Allunga il passo. Perché… Come perché? Perché ci vuole dignità!».