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Seguire il dáimon

Ivano Dionigi giovedì 20 febbraio 2020
«Segui la divinità» (hépou theô) era il precetto attribuito al grande Pitagora (VI sec. a. C). L'invito è a seguire non gli dèi del mito che eccitano la fantasia dei poeti, non gli dèì del cosmo che generano le interrogazioni dei filosofi, non gli dèi dei politici che tengono a freno il popolo: bensì quel dio che ognuno porta in sé: «dio è accanto a te, è con te, è dentro di te» (Seneca, Lettera 41, 1 prope est a te deus, tecum est, intus est). Socrate è stato il primo a parlarci del dio interiore, del demone personale (dáimon): «quello che ciascuno di noi sceglierà» e che farà sì che ciascuno sia responsabile della propria vita (Platone, "Repubblica" 617 e). Questo richiamo al demone e alla responsabilità sarà fatto proprio, venticinque secoli dopo, da Max Weber. Nel gennaio del 1919, invitato dagli studenti dell'Università di Monaco, reduci dalle macerie della Grande Guerra, il filosofo tiene una conferenza ("La politica come professione") della quale Karl Löwith, allora presente insieme a Max Horkheimer, ricorda: «In questa condizione di disgregazione generale … soltanto un uomo in Germania seppe trovare per noi la parola che ci toccò da vicino». Consapevole di avere davanti «non la fioritura dell'estate, ma una notte polare di gelida tenebra», Weber aveva toccato il cuore dei giovani con questo invito: «Ognuno obbedisca al demone che tiene i fili della sua vita».