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Segre, Ferragni, la Shoah e il coraggio degli influencer

Gigio Rancilio venerdì 20 maggio 2022
I fatti, forse, li conoscete già: la senatrice a vita Liliana Segre, deportata da bambina ad Auschwitz, ha invitato Chiara Ferragni a visitare con lei il Memoriale della Shoah. Sono anni che Liliana Segre racconta nelle scuole italiane l'orrore dell'Olocausto. Sa quindi quanto sia importante farlo ma anche che non basta. Così, con la gentilezza che le è propria, ha provato a coinvolgere la più popolare influencer italiana per arrivare ad ancora più ragazzi. La Ferragni non ha ancora risposto. Nel frattempo l'ha fatto suo marito, il rapper Fedez, invitando la Segre nel suo podcast.
I detrattori della Ferragni (più si è famosi e più se ne hanno) sostengono che non faccia mai niente per niente. E che misurarsi con un tema delicato e importante come la Shoah rischia di portare più danni che vantaggi alla regina delle influencer italiane. Basta una parola sbagliata per perdere follower. Parlarne invece «a casa propria», nel podcast di Fedez, cambia di molto le cose. Ci si veste da curiosi e si intervista la senatrice Segre. Così non si rischia nulla. Anzi, ci si fa belli.
Leggere questa vicenda come una (seppur educata) sorta di sfida tra due persone molto amate rischia però di portarci lontano dalla vera questione. E cioè che oggi per divulgare la Memoria (e molti altri aspetti significativi della vita) abbiamo bisogno anche degli influencer. Cioè di persone molto famose soprattutto tra i più giovani. Non esiste alternativa, anche se questa cosa a molti adulti non piace. Perché l'alternativa è chiudersi nelle proprie bolle più o meno grandi (e spesso abitate soprattutto da adulti), convincendosi di stare parlando con tanti quando invece molto spesso si comunica con pochi (e con pochissimi ragazzi).
Detto questo resta domanda, che apre una questione più grande: oltre che fare soldi (chi più e chi meno) e cercare di aumentare la propria fama (digitale e non), le nostre star digitali come vogliono mettere a frutto il proprio patrimonio di popolarità in maniera più profonda? Davvero, una volta spenti gli schermi dei cellulari con i quali si fanno i selfie o i video, sono completamente soddisfatte? Davvero non avrebbero voglia di fare (almeno una volta) qualcosa in più?
Forse siamo troppo ottimisti. Per alcuni magari saremo ingenui. Ma se ogni influencer sensibile facesse un'azione concreta (anche una sola) al servizio di tutti e non solo del proprio ego e del proprio business, saremmo di fronte a qualcosa di importante.
Certo, se accadesse, dovremmo anche chiedere a tanti adulti di non storcere subito il naso e di sminuire la buona volontà degli influencer (ma come si permettono? ma che ne sanno di questo tema? ma che credibilità hanno su questo a argomento?). Quello che facciamo finta di non vedere è che questi atteggiamenti hanno come primo (e spesso unico) risultato quello di aumentare la distanza tra gli adulti e i ragazzi.
Nessuno pensa che dobbiamo accettare tutto e tutti e nemmeno scusare tutto e tutti, ma prima o poi dovremo abbassare le armi e chiederci: come possiamo tutti usare al meglio e al servizio della collettività il nostro "patrimonio" digitale (piccolo o grande che sia)? Magari non ci abbiamo mai pensato ma oggi chiunque abita la Rete Internet è di fatto un influencer. Micro, medio o macro che sia. E come tale ha anche dei doveri verso gli altri. Vale per tutti e non solo per Chiara Ferragni.