Segnali e speranze di rinascita (possibile) a Meridione
Nessun economista di valore potrebbe azzardare una risposta seria, almeno prima che questi segnali si siano consolidati. Ma se andiamo a indagare in profondità tra le pieghe dell'area del Paese che ha più sofferto negli anni scorsi gli effetti della Grande Crisi, e che tuttora paga uno straziante tributo alle ferree leggi della competitività a causa della continua fuga dei suoi giovani migliori, possiamo trovare una serie di tracce rilevanti di una possibile rimonta. Ne cito solo due: oggi il Mezzogiorno è la principale fucìna di start up nel nostro Paese, con un numero di nuove imprese create ogni anno superiore alle altre aree della Penisola, ed è l'area d'Europa in cui è maggiore la crescita di flussi turistici (favoriti soprattutto dalla "crisi di sicurezza" della sponda Sud del Mediterraneo), con un particolare sviluppo del turismo di qualità in Puglia e Sicilia.
Il futuro prossimo del Meridione, dunque, si sta colorando di talenti, di capacità imprenditoriale e di innovazione, di servizi di qualità in grado di mettere a frutto le risorse donate dall'ambiente e dalla storia. In astratto è la strada migliore che il Sud potesse imboccare, perché punta finalmente sui suoi asset. E in concreto è una spinta che viene "dal basso" e non dal vecchio dirigismo di una (presunta) politica industriale nazionale o regionale, che nei casi migliori ha regalato al Sud soltanto inutili cattedrali nel deserto.
La speranza di una rimonta del Sud, dunque, sembra poggiare su qualche solida base. E soprattutto su un rinnovato (e forse rivoluzionario) "spirito del tempo" che si sta facendo largo tra i ragazzi meridionali: l'idea che, nonostante le esilaranti parodie di Checco Zalone, il posto fisso nel settore pubblico appartenga ormai ai miti del passato. Che sarebbe inutile cercare nel presente.
@FFDelzio