Osanniamo i grandi uomini e parliamo di “eredità storica” e ci affanniamo per lasciare un segno del nostro passaggio in questo mondo, ma in realtà l’unica grande opera cui possiamo dedicarci se vogliamo davvero “fare la differenza” è quella che ci affida Dio. E quasi mai questa corrisponde con i nostri intenti; quasi sempre essa è una “sorpresa”. Così avvenne per Eliseo, che fu chiamato dal profeta Elia a seguirlo proprio mentre stava arando un campo con dodici paia di buoi, stravolgendo, quindi, i suoi piani e i suoi pensieri, per coinvolgerlo in un progetto più grande. Vissuto tra il IX e l’VIII secolo a.C., ricco possidente, Eliseo, «figlio di Safat», divenne l’erede di Elia, che, come racconta il primo Libro dei Re, lo scelse gettandogli addosso il proprio mantello. Il suo nome significa «Dio salva» e la sua opera corrispose a questa vocazione. Le Scritture, infatti, gli attribuiscono diversi segni miracolosi: stendendo il mantello di Elia divise le acque del Giordano; rese potabile l’acqua di Gerico; riportò in vita il figlio della sunamita che lo ospitava; moltiplicò i pani sfamando un centinaio di persone. Come il suo maestro, però, egli non lasciò scritti, ma le sue gesta vengono narrate nei Libri dei Re, che testimoniano come Eliseo difese il suo paese in tempi difficili durante le guerre contro i Moabiti e contro gli Aramei. Morì verso il 790 a.C. e venne sepolto nei pressi di Samaria, dove ai tempi di san Girolamo esisteva ancora il suo sepolcro.
Altri santi. Santi Valerio e Rufino, martiri (IV sec.); san Metodio, patriarca di Costantinopoli (IX sec.).
Letture. Romano. 2Cor 3,4-11; Sal 98; Mt 5,17-19.
Ambrosiano. Es 12,35-42; Sal 79 (80); Lc 5,33-35.
Bizantino. Rm 8,2-13; Mt 10,16-22.
t.me/santoavvenire