Sembra che "la scienza" si sia finalmente convinta che Dio esiste e, addirittura, che «parla e ascolta le preghiere». (La Stampa, venerdì 8). La scoperta è di Francis Collins, lo scienziato capo dell'équipe che nel 2002 ha decifrato il genoma: «Vista l'impossibilità di spiegazioni assolute, le leggi della natura non escludono più l'azione divina nella realtà». Anzi, «è perfettamente possibile che Dio sia in grado di influenzare la creazione in modi non percepibili dall'osservazione scientifica». In altri termini, Dio sarebbe «una specie di superscienziato, capace di sfruttare ogni potenzialità degli universi che Lui stesso ha creato e che ha popolato grazie a un'altra idea portentosa, l'evoluzionismo». A parte il modo in cui è formulata, quest'affermazione è accettabile, anche perché, due giorni prima, sempre su La Stampa, un altro scienziato, Pietro Corsi (Oxford), spiegava «com'è inutile il litigio tra la scienza e la fede». Per la precisione non è la fede che litiga, ma quella scienza che ha trasformato l'evoluzionismo in ideologia atea. Corsi ricorda che, già «nel 1854, il Reverendo Baden Powell (padre del fondatore degli scout) spiegava alla regina Vittoria e al principe Alberto, che una teoria scientifica in grado di dar conto dello sviluppo e dei cambiamenti della vita sulla Terra» costituisce «un'ulteriore prova della perfezione della Grande Intelligenza creativa», cioè di «un Dio Architetto». Che la litigiosa sia la scienza è documentato da uno dei collaboratori di Collins, il Premio Nobel per la medicina James Watson, il quale, all'indomani della decifrazione del genoma umano, aveva dichiarato alla Stampa (27 febbraio 2003), in un'intervista: «Dna: niente più ordini dal Paradiso», mentre il filosofo Umberto Galimberti ne traeva la conclusione (La Repubblica delle Donne, 7 agosto 2004) che «Dio è davvero morto». Una vicenda che parrebbe dimostrare come perfino l'evoluzionismo, nel tempo, possa evolversi in meglio.
SCIENZA UBIQUA
Umberto Veronesi sembra godere talvolta, buon per lui, del dono (poco «laico») dell'ubiquità. Martedì 5 era su La Repubblica e venerdì 7, allo stesso tempo, su La Stampa e su l'Unità. Per lui il Dna «ha inferto un duro colpo all'intero sistema culturale che per secoli ha retto il mondo più evoluto» (La Repubblica). Come avrà fatto, però, questo «sistema» arretrato a inferire a se stesso, con il Dna, un così «duro colpo»? E non sarà questo colpo ciò che oggi consente di uccidere, in grembo o in provetta e grazie alla «medicina predittiva», gli embrioni umani non graditi al «sistema»? E ciò che conferisce all'uomo «poteri più estesi sulla vita e sulla morte», magari mediante il «testamento biologico», che Veronesi raccomanda di «scrivere subito», affinché nessuno impedisca ai firmatari di morire (La Stampa)? Poi, sull'Unità, ecco la storia: «I paesi in cui è ancora molto forte il sentimento religioso sono quelli più arretrati dal punto di vista scientifico-tecnololgico» (come gli Usa, per esempio?). La matematica: «Il credente è un integralista, perché non si può credere a metà». L'etica: quella «laica è mille volte superiore all'etica religiosa perché implica il rispetto del prossimo mentre l'etica religiosa si fonda sulla volontà di Dio». E la filosofia: «La scienza ti spiega come tutto è successo, ma non sa scavare filosoficamente nel perché è successo». Appunto: alla domanda ultima risponde la fede.