Se la norma è intrusa e «muta», il sospetto cresce (e il danno pure)
Pur avendo una portata così circoscritta, la notizia ha fatto e fa discutere, perché viene a intrecciarsi con la più generale discussione sia sui poteri del Csm, sia sul collocamento fuori ruolo dei magistrati, senza dimenticare che la ragione della disposizione del 2002 stava nella preoccupazione che i membri del Csm potessero, come ha scritto un autorevole costituzionalista, «giovarsi della propria posizione per avanzamenti o mutamenti di carriera».
Senza potere in questa sede entrare nel merito della vicenda, siano consentite alcune notazioni, per dir così, a margine. La prima concerne il veicolo usato, cioè la legge di bilancio, con conseguenti dubbi sull'ammissibilità dell'inclusione in essa di una disposizione chiaramente "intrusa". La seconda attiene alla circostanza che tale disposizione sta all'interno di un articolo che consta di 1.181 commi (e non si tratta neppure del record assoluto). Certo, come scrisse René Chateaubriand oltre due secoli fa, «voler fissare limiti al diritto di emendamento è come perdersi in una metafisica politica senza fondo», ma varrebbe comunque la pena considerare con maggiore attenzione la giurisprudenza del Conseil constitutionnel francese in questa materia, e trarne spunti per la nostra riflessione. La terza notazione riguarda le regole sull'ordinamento giudiziario e sulla magistratura, le quali, come e più ancora di altre regole, richiedono trasparenza e consapevolezza nella relativa discussione pubblica.
Dal punto di vista del funzionamento di una società democratica, quando la norma è intrusa e "muta" (cioè il cui testo non consente di comprenderne l'oggetto, ma consiste in un rinvio ad altri atti normativi) il sospetto inevitabilmente cresce. E con esso il possibile danno alla credibilità delle istituzioni.