Salgo in macchina di buon mattino, qualche chilometro di statale poi devio su strade comunali e provinciali restando il più alto possibile, appena sotto il crinale; attraverso metà provincia reggiana, sfioro l'alto parmense e svalico scendendo lungo la Massese verso il mare. Due regioni, tre province, quattro comuni: una manciata di borghi spopolati. Un branco di pecore ingorga la strada tra l'abbaiare dei cani e lo scampanio ritmato. Mi fermo e scambio poche parole con la pastora, Maria; è tornata dalla pianura dove sverna con le bestie. Ci conosciamo da sempre, stessa età, stesso paese.Tra i bambini d'allora, orda scalcagnata e scapigliata, lei si distingueva negli atteggiamenti, mostrava cura nel vestire, parlava italiano; una certa aria da cittadina, un po' sprezzante, come le bambine sanno essere, verso noi: marmaglia. Ora Lei è pastora, moglie di un pastore, a farle corona e scudo 5 superbi cani maremmani sospettosi d'ogni movimento, ma docili al suo sguardo, al suo gesto; un branco di pecore intorno; le mani impegnate con quattro ferri a fare la calza; parla un dialetto fluente e ricco, scalcagnata e radiosa; mantiene inalterata la passione per il ballo liscio, un po' di trucco agli occhi, sulle labbra il rossetto. Com'è la vita? Dio ti abbia in gloria, Maria.La montagna è incantata, rapisce lo sguardo e non so dove fermarlo. Le cime tinte d'un verde nuovo come il primo giorno della Creazione, i boschi solcati da mille intensità e mille sfumature, il cielo tirato a lucido; a terra chiazze d'ogni colore e ogni colore ha il suo fiore in forma perfetta, smagliante. Il profumo m'inebria. Sarà l'età, la scarsa frequenza sociale; saranno gli sbalzi climatici o il velo di tristezza e gravore che adombra il civile consesso, ma non ricordo giornate così profumate, odorose di bello e di buono, come se a ogni essenza fosse stato ordinato di schiudersi in tutta la propria fragranza. Le valli ne sono impregnate, immenso incensiere che onora la terra offrendosi al cielo.Perché sia evidente e salvaguardata ogni pur minima diversità è netto, all'olfatto, lo svalicare; oltrepassare un confine che è stato geografico e storico: di qua i Lombardi, di là i Toschi; il burro e l'olio. Di qua la pianura, ultima propaggine d'Eurasia; di là il golfo, il litorale, il Mediterraneo. Quest'anno il profumo m'assale impetuoso, tesse le lodi della Creazione, racconta la storia dell'uomo. La civiltà del vivere sui monti è morta, le famiglie e le comunità che la sostenevano si sono dissolte alla ricerca di nuove opportunità, nuovi stili di vita. La piccola proprietà e gli Usi Civici non hanno retto la modernità e dove non veniva sciupata una manciata d'erba, dove ogni sasso trovava il suo posto in un argine a secco, tutto è abbandono e rovina. La struttura istituzionale continuando a imporre il crinale come confine ne fa una estrema periferia burocratico-amministrativa che obbliga ogni versante a scivolare in basso, verso il proprio piano.Occorre sostenere ciò che sale, fare del crinale cerniera. Tornare alla terra, al bosco, all'allevamento è il primo dovere per chi abita le terre alte. Smettere di mungere le bestie per mungere i turisti non è soluzione. Dove il turismo è risorsa primaria, non complementare, distrugge tutto ciò che non è in sua funzione; per reggere deve massificarsi: strade, parcheggi, megaimpianti, discariche.Ci protegga San Giovanni, il Precursore, ci conceda uno sguardo puro sulla realtà delle cose; la sua rugiada possa liberare i nostri occhi da idoli e ombre. San Giovanni non vuole inganni.