Anche nel corso delle sospirate vacanze, nessun lavoratore può dirsi esente da piccoli o grandi disturbi fisici in grado di rovinare le ferie. Da diversi anni è stato tuttavia riconosciuto il principio che la malattia intervenuta nel corso del periodo feriale ne interrompe la continuità. Certamente non tutte le malattie. Non un banale raffreddore, un mal di testa oppure uno stato di ansia o di prostrazione, che anzi trovano giovamento proprio nel trovarsi lontano dal posto di lavoro. Ma, come precisa l'Inps, contano le patologie che compromettono la vera finalità delle ferie, cioè «il ristoro e il reintegro delle energie psicofisiche». Ad esempio, uno stato febbrile, un ricovero ospedaliero, l'ingessatura di grandi articolazioni, le malattie gravi di apparati ed altri organi ecc. - valutati caso per caso dal medico fiscale - possono essere un giusto motivo di sospensione delle ferie. Scatta qui il diritto al pagamento dell'indennità economica di malattia, rispettando le procedure e le regole sulla materia.
Malattia del bambino. Di salvare le ferie si preoccupa anche il Testo unico sulla maternità e paternità, laddove prevede, come causa di loro interruzione, l'ipotesi di malattia del figlio, indipendentemente dalla salute dei genitori. È necessario però che il bambino non abbia ancora compiuto gli otto anni e che sia stato ricoverato in un ospedale. Al di fuori di queste condizioni, nessuna considerazione per gli affaccendati mamma e papà.
Vacanze all'estero. Se soggiorna nell'Unione Europea o in un Paese convenzionato con l'Italia, il lavoratore ammalato deve mettersi in contatto con l'organismo previdenziale estero. Entro tre giorni dall'inizio dell'indisposizione deve presentare un certificato del medico curante, da inviare anche al datore di lavoro e all'Inps qualora la malattia sia indennizzabile. Per le malattie sopravvenute in altri Paesi bisogna sempre fare riferimento al consolato italiano del posto, sapendo che il lavoratore ammalato è soggetto a controlli fiscali anche all'estero.
Stop all'indennità per ferie. Sulla disciplina del diritto alle ferie è intervenuta di recente (decreto n. 66/2003) una direttiva comunitaria che, di fatto, esclude la possibilità di «monetizzare» il mancato riposo. Stabilisce, infatti, che il lavoratore ha diritto ad un periodo annuale di ferie retribuite non inferiore a quattro settimane, periodo che non può essere sostituito dalla consueta "indennità per ferie non godute", salvo il caso di risoluzione del rapporto di lavoro.
La nuova disposizione si applica con riferimento ai periodi di ferie non ancora maturati al 29 aprile 2003, data di entrata in vigore del decreto. Il criterio della monetizzazione, sempre in accordo col datore di lavoro, può rivivere solo sulle giornate che eventualmente eccedono il periodo vincolato al riposo effettivo di almeno quattro settimane.