Se la «libertà social» dipende da 20 persone
Da qualche mese, nel mondo digitale ci sono venti persone che hanno un potere enorme. Sono dieci uomini e dieci donne. Provengono dall'Australia, dallo Yemen, dalla Colombia e dall'India. Ma anche dal Brasile e dall'Africa, dalla Gran Bretagna e dall'Indonesia. Cinque arrivano dagli Stati Uniti d'America, tre sono europei. Nessuno è italiano.
Sono i membri del Consiglio di sorveglianza del gruppo Facebook. Cioè, l'organismo di vigilanza chiamato a prendere le decisioni sui casi più importati relativi alla libertà di opinione e alla moderazione dei contenuti su Facebook e Instagram. Le loro decisioni toccano le vite di 3,5 miliardi di persone, cioè di tutti gli utilizzatori dei due social.
Da quando Mark Zuckerberg ha avuto l'idea di nominarli («perché Facebook è diventato troppo grande per prendere delle decisioni così importanti da solo»), ci sono voluti due anni per scegliere i quattro presidenti e altri cinque mesi perché loro scegliessero gli altri 16 componenti.
I presidenti sono l'ex giudice federale statunitense ed esperto di libertà religiosa Michael McConnell, l'esperto di diritto costituzionale Jamal Greene, l'avvocato colombiano Catalina Botero-Marino e l'ex primo ministro danese Helle Thorning-Schmidt.
Gli altri membri annoverano avvocati, giuristi, giornalisti (tre, tra cui l'ex caporedattore del Guardian) e perfino l'ex direttore generale del ministero della Giustizia israeliano. Ci sono personalità come András Sajó, già nella Corte europea dei diritti dell'uomo e il direttore di Internet Senza Frontiere Julie Owono; l'attivista yemenita e Premio Nobel per la pace Tawakkul Karman e l'avvocato pakistano e attivista di Internet (gestisce l'organizzazione Digital Rights Foundation) Nighat Dad.
Ciascun membro rimarrà in carica per un periodo di tre anni e potrà ricoprire il ruolo un massimo di tre volte. Quando il Comitato di controllo sarà davvero al completo i membri saranno quaranta. Nel frattempo, la commissione dei venti, il 22 ottobre scorso, ha iniziato ufficialmente i suoi lavori.
Già, ma come fa un Comitato così a garantire la sua indipendenza da un colosso come Facebook? «Il Comitato è un ente separato dall'azienda ed è finanziato da un trust indipendente». Ma che autorità effettiva ha? «Il Comitato dispone dell'autorità per decidere se Facebook e Instagram dovrebbero consentire o rimuovere certi contenuti. Le decisioni che prende sono vincolanti per Facebook, purché la loro attuazione non violi la legge».
Il Comitato è chiamato anche a rappresentare la voce degli utenti. Come? «Le persone avranno la possibilità di contestare le decisioni sui contenuti di Facebook e Instagram, sottoponendole al gruppo». Le decisioni finiranno pubblicate, insieme a report annuali, sul sito del Comitato e in più lingue (www.oversightboard.com ).
Giovedì il Comitato ha affrontato cinque casi, dando ragione a Facebook solo una volta.
Il primo caso riguardava un utente che in Myanmar ha pubblicato su Facebook un post dove sosteneva che "i musulmani hanno qualcosa di sbagliato nella loro mentalità" (o forse "qualcosa non va nei musulmani psicologicamente" - le traduzioni differiscono) sostenendo che i musulmani dovrebbero essere «più preoccupati per il genocidio degli uiguri in Cina e meno concentrati sul temi scottanti come i cartoni animati francesi che prendono in giro il Profeta Maometto». Facebook ha rimosso il post come incitamento all'odio anti-musulmano. Il Consiglio di sorveglianza lo ha ripristinato, ritenendo che andasse inteso come "un commento sull'apparente incoerenza tra le reazioni dei musulmani agli eventi descritti in Francia e in Cina".
Secondo caso. Un utente ha scritto un post contro gli azeri "che non hanno una storia rispetto agli armeni". Il consiglio ha confermato la decisione di Facebook di rimuoverlo come incitamento all'odio.
Terzo caso. Un utente in Brasile ha caricato un'immagine per aumentare la consapevolezza sul cancro al seno che includeva otto immagini di seni femminili, cinque delle quali con capezzoli visibili. Il software di Facebook ha rimosso automaticamente il post perché conteneva scene di nudo. I moderatori umani di Facebook hanno successivamente ripristinato le immagini, ma il Consiglio di sorveglianza di Facebook ha comunque criticato la rimozione originale e chiesto maggiore chiarezza e trasparenza sui processi di Facebook su questi temi.
Quarto caso. Un utente negli Stati Uniti ha condiviso una citazione di Joseph Goebbels. Facebook ha rimosso il post perché promuoveva un "individuo pericoloso". L'utente ha obiettato, sostenendo che la sua intenzione non era quella di promuovere Goebbels ma di criticare Donald Trump paragonandolo a un nazista. Il consiglio ha ribaltato la decisione di Facebook perché l'azienda non aveva fornito abbastanza trasparenza sulle motivazioni del suo operato.
Quinto caso. Un utente francese ha criticato il governo per aver rifiutato di consentire l'uso di idrossiclorochina per il trattamento di COVID-19. Il post ha descritto il farmaco come "innocuo". Facebook ha rimosso il post per aver violato la sua politica contro «la disinformazione che può causare danni imminenti». Il consiglio ha ribaltato la sentenza, concludendo che il post stava commentando un importante dibattito politico e non dando alle persone consigli medici personali.
Per rendere ancora più difficile la vita del Comitato di controllo (che avrà delle belle gatte da pelare) è stato fondato in opposizione un Real Facebook Oversight Board (cioè, un «vero comitato di controllo su Facebook»). Ovviamente non ha avuto alcun riconoscimento dall'azienda, ma ne fanno parte figure come Shoshana Zuboff, l'autrice di «Il capitalismo della sorveglianza», Toomas Henrik Ilves, ex presidente dell'Estonia, e Maria Ressa, giornalista filippina invisa dal regime e attualmente in carcere.
Contestare il Comitato di controllo di Facebook, in fondo, è molto facile. Ogni giorno sui social si fa di peggio. Anche su questioni molto più delicate. Ma resta una domanda, che mi permetto di girarvi: cosa farei e come mi comporterei se anche da una mia decisione dipendesse la libertà di espressione di 3,5 miliardi di persone?