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Se il mister conta più dei giocatori

Italo Cucci venerdì 23 agosto 2013
Se non ci avesse pensato Gareth “Hundred Million Pound” Bale, la stagione europea sarebbe partita all'insegna degli allenatori e non - come da tradizione - dei calciatori. La pratica italiana dei Top Players s'è chiusa rapidamente con l'arrivo di Higuain a Napoli, Tevez alla Juve e Gomez a Firenze, benvenuti con qualche riserva, e le speranze di successo sono affidate soprattutto a Conte, Allegri, Benitez, Mazzarri e Montella; anche in Europa i trasferimenti più clamorosi sono stati quelli di Guardiola al Bayern, Ancelotti al Real e Mourinho al Chelsea, quest'ultimo accolto con manifestazioni popolari degne del Royal Baby, George Alexander Louis; senza il bòtto del panchinaro illustre son finiti in secondo piano anche gli straricchi Barcellona, Psg e Manchester United. Per qualcuno è una involuzione, essendo il calcio nutrito dalle imprese di pedatori leggendari, molti dei quali ho visto prima boys eppoi Golden Boys (auguroni al settantenne Rivera, il mito della mia giovinezza dopo la passione infantile per il Grande Toro); ma se penso alle trasformazioni - in positivo - che il gioco ha registrato nel tempo, non posso fare a meno di rammentare le gesta epocali di Viani, Bernardini, Rocco, Herrera, Trapattoni, Sacchi, Lippi e Capello, per non dire del grandissimo Enzo Bearzot. Le future opere dei mister oggi più stimati impongono al campionato quel tanto di mistero che partorirà emozioni almeno alla portata dell'inesauribile repertorio di batticuori attribuito (ieri da pochi, quorum ego, oggi da una massa di critici) a Mario Balotelli. Mi sembra giusto escludere sorprese firmate Conte e Allegri - e dunque il mio pronostico/scudetto è favorevole a Juve e Milan - mentre al massimo della curiosità colloco Benitez, una sorta di Poirot delle panchine, sicuramente dotato di molte “celluline grigie” che a Napoli dovranno essere tuttavia accompagnate anche da cuore e... fortuna; Don Rafè è seguito da Mazzarri, grande lavoratore che non dovrà accontentarsi di essere arrivato al top: lo esorto a continuare la sua battaglia operaia, accompagnata dai provinciali lamenti che gli hanno dato controversa fama; poi c'è Montella, il Piccolo Genio che, pur avendo una buonissima squadra, dovrà fare i conti con la realtà, non potendo più contare sull'effetto sorpresa. Non trascuro - ponendolo subito alle spalle dei maggiori, non per competenza ma per ruolo - il prof Guidolin, degnissimo sposo della prolifica Udinese. Raccomando, infine, all'attenzione delle rispettive tifoserie ma soprattutto degli squadroni-da-scudetto, il plotone di tecnici guastafeste guidati da Donadoni: sono Petkovic, Maran e Pioli. Quest'ultimo non è un uomo, è una squadra. Ah, Bologna...