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Se i nuovi fanatismi cominciano dalle parole

Alfonso Berardinelli venerdì 13 settembre 2019
Non c'era certo bisogno di piccoli episodi della nostra politica nazionale per capire che la competizione accanita, la passionalità viziosa, la partigianeria cieca, l'esibizione di combattività sono l'anticamera di ogni fanatismo. Una volta (ma in certe regioni del mondo è un passato che non passa) il fanatismo era in prevalenza religioso e nazionalistico: a una forma di fede nel divino e a un amore di patria se ne contrapponevano altri, i propri, con l'esplicita e attiva intenzione persecutoria o bellica di eliminare ogni diversità come si elimina un nemico mortale. Oggi, nelle culture dei nostri paesi economicamente più sviluppati, nei quali la sola fede e il solo patriottismo sembrano essere investiti nel culto della ricchezza, della produzione, del consumo vistoso, della comodità e della velocità, il fanatismo, più che violenza, è spettacolo. Una forma di divertimento, in fondo, che si attua nella drammatizzazione gestuale e retorica di ogni contrasto. Iperboli verbali, linguaggio aggressivo, sfide irreali, pose agonistiche, impazienze isteriche, tutto “en artiste”. Nella vita pubblica e privata si imita lo stile di filmetti seriali nei quali la violenza è un ingrediente estetico immancabile. Ma oltre che voglia di divertirsi a tutti i costi, c'è anche una generale “infantilizzazione” della vita adulta. Mentre con i bambini non si ha pazienza e non si ha tempo, l'autoindulgenza degli adulti dilaga. Ci sono poi casi culturali di opposizione e contrasto a volte caricaturali e a volte inquietanti. Tutto diventa facilmente maschera e moda: il tatuaggio e l'alimentazione vegana, il “buddismo per così dire” e l'astrologia, i graffiti e uno yoga senza fondamenti, la street art e il folclore induista… Nascono identità fittizie e fissazioni estetiche, devozioni tanto testarde quanto effimere. Ora qualcuno sta cercando di condannare, deformandolo a mania, anche l'ambientalismo e le preoccupazioni ecologiche. L'ecologista sarebbe un punitivo bigotto che vuole colpevolizzare l'umanità e censurare la povera, eterna natura umana, per i suoi peccati contro il pianeta Terra. Un lungo articolo di Giulio Meotti fittamente documentato, uscito sul Foglio di sabato scorso, fa emergere questa insofferenza che demolisce l'ambientalismo come una nuova, apocalittica «religione occidentale» e «fede del Terzo Millennio». Anche l'innocente Greta Thunberg viene messa sinistramente in caricatura. In sostanza l'allarme ecologico sarebbe una superstizione paranoica e insieme l'erede attuale dell'anticapitalismo marxista. In realtà, si dice, l'ambiente negli ultimi decenni non ha fatto che migliorare, sono gli ecologisti a vedere tutto nero. Insomma, non preoccupatevi, state tranquilli, non sentitevi in colpa, producete e consumate come e più di prima, l'allarme ambientalista è una fake news. L'Occidente non ha colpe da rimproverarsi. Proceda così. Beh, se si tratta di estremizzazioni caricaturali, anche questa non scherza.