Rubriche

Se anche gli animali entrano nello stato di famiglia

Pier Giorgio Liverani domenica 28 dicembre 2014
Dall'Argentina, su Prima Pagina (quotidiano on line), arriva la notizia che l'orango Sandra, anni 29, nata in Germania ma naturalizzata vent'anni fa nello zoo di Buenos Aires, è stata promossa a «persona non umana». Una sentenza di quella Corte di Cassazione ha anche deciso che, in quanto “persona”, la signora Sandra gode del diritto alla libertà e perciò sarà liberata dalla gabbia e rilasciata nel suo ambiente, un'ampia riserva in Brasile. Quasi contemporaneamente il Corriere della sera annuncia che il prof. Umberto Veronesi e la deputata Michela Vittoria Brambilla (Forza Italia) vogliono fare qualcosa dello stesso tipo per gli animali «di tutte le specie» (anche le zanzare tigre?) modificando a loro vantaggio l'articolo 9 della Costituzione, secondo il quale «la Repubblica tutela il paesaggio» ma non gli animali. Questi, dice l'onorevole Signora, «all'alba del XXI secolo, non possono essere ancora considerati “cose”». Hanno sottoscritto la proposta anche le 34 associazioni della Federazione Italiana Associazioni per i Diritti degli Animali e l'Ambiente, che più volte, ha chiesto il riconoscimento di «maggiori diritti e tutele ai nostri amici a quattro zampe e scrivendo il cane o il gatto all'anagrafe con il cognome del rispettivo proprietario, cioè con l'ufficiale inserimento nello stato di famiglia, si garantirebbe loro l'accesso alle cure medico-sanitarie e il diritto ad ereditare i beni dei padroni». Come Sandra Orango, infatti, avrebbero la qualifica di persone. Manca solo – ma arriverà – l'obbligo di iscrizione e frequenza alla scuola fino alla terza media: perché lasciarli analfabeti? L'impressione è che, con il contributo forse inconsapevole di figure autorevoli della politica e della scienza e con la parificazione con l'uomo, si lavori alla lenta e progressiva banalizzazione dell'unica vera “persona”, quella che è immagine e somiglianza di Dio. I 10 COMANDAMENTI ANTIDEMOCRATICI?«Per definizione i comandamenti sono il contrario della democrazia». Al Manifesto lo spettacolo di Roberto Benigni è rimasto nel gozzo: solo questa ipotesi può spiegare perché il «giornale comunista» ha pubblicato senza commenti, cioè condividendone il contenuto, la lettera di un lettore genovese che pone il quesito: «La democrazia o i 10 comandamenti». Eppure anche un bambino delle elementari capisce che le tavole del monte Sinai sono, al contrario, la migliore garanzia di una democrazia, perché le sue leggi non solo mettono tutti sullo stesso livello e assicurano che, quanto a regole morali, non si possono fare eccezioni per nessuno. Invece il lettore, dandosi la zappa sui piedi, scrive questo esempio: «Tre comandamenti sono già regole di convivenza in una società evoluta: non rubare, non mentire, non uccidere non hanno bisogno di essere imposti da un'autorità esterna». Non si è accorto che, quando la Costituzione è stata scritta, le tavole dei Comandamenti esistevano già da tremila anni. Il punto più alto della sua critica è davvero irraggiungibile: «Il comandamento che mira a reprimere alcuni impulsi sessuali rivela le inibizioni di chi lo ha scritto piuttosto che un principio luminoso. Comunque, l'audience della trasmissione conferma che una significativa proporzione dell'elettorato italiano è orientato in senso autoritario».FAME DI ABORTI«Aborto, nasce il movimento “Pro-Choiche”»: con una seconda “h” in più Il Sole 24 Ore annuncia la nascita di un “Movimento per la scelta” libera in materia di aborti, diagnosi prenatale dell'embrione, contraccezione d'emergenza (rischio di aborto inavvertito), eutanasia. Non gli bastano i 130 mila aborti registrati ogni anno e i 5.500.000 da quando c'è la legge 194.