Restanza, ovvero la necessità di ancorarci a un luogo, è la nuova parola che fa capolino sui giornali, come fu per la resilienza. E si filosofeggia, mentre la Regione Piemonte promuove un bando per andare a vivere in montagna, laddove a quanto pare la "restanza" non ha attecchito, visto che i servizi essenziali sono stati smantellati e resta solo la poesia. Certo in Ucraina la restanza è incarnata nei fatti, laddove le persone restano dentro case distrutte, perché non saprebbero dove andare. Ma restanza da noi è anche quella dei piccoli imprenditori che si svegliano dopo la traversata pandemica e alla porta c'è la banca che chiede di "rientrare". Magari è il medesimo istituto che pochi giorni prima era sui giornali con iniziative di restituzione al territorio, salvo poi mortificare chi stava per rialzarsi dopo due anni vissuti sull'orlo del fallimento. E se il Pnrr è la magia che dovrebbe garantire una restanza economico-sociale pre pandemia, spaventa l'attendismo in cui si trovano tanti imprenditori, tutti a chiedersi come sarà l'autunno energetico. Certo, nessun governo ha la bacchetta magica ma, almeno sul fronte creditizio, vien da chiedersi che strategia c'è fra Stato e istituti bancari che dovrebbero sostenere l'economia di fronte a una reiterata crisi? L'appello è infatti quello di tornare a pensare, come due anni fa, che nessuno debba restare indietro, mentre il sospetto è che la capillarità della piccola e media impresa italiana sia terreno di facile tassazione, come dimostra la norma sulla rivalutazione dei marchi di impresa che sta diventando un costo imprevisto. Per il cittadino si apprende invece che 23 capoluoghi hanno in serbo aumenti. E che faranno i piccoli Comuni dove la restanza è un atto eroico? È poi passata inosservata la giornata mondiale della biodiversità, legata a quella delle api, che sono un fattore determinante per la restanza della catena alimentare. E anche la notizia che i bombardamenti a Kharkiv hanno distrutto la più ricca banca dei semi con 160.000 varietà di piante coltivabili, non ha destato emozione. (E a proposito di guerra: al ProWein di Düsseldorf di pochi giorni fa, i buyer russi c'erano. Vorrà dire qualcosa?). La domanda è dunque: come si fa a restare? Ma la risposta necessariamente deve passare da un piano strategico più generale, che ancora non si vede. Per ora siamo concentrati sul Pnrr, che resta un passaggio cruciale per un Paese che ha bisogno di riforme per uscire da una certa staticità. Ma poi il piano quinquennale, che qualsiasi azienda programmerebbe, cosa prevede?