Scintille Olimpiche. Vergogna pentacerchiata
Cheval de Marly
Fra i colpi di scena di Parigi 2024, figura la rinuncia a competere di una campionessa presa da «profonda vergogna». La cavallerizza Charlotte Dujardin, che ambiva alla "corona" di olimpionica più titolata della storia britannica ― già 6 medaglie in 3 edizioni ―, si è ritirata dopo la diffusione di un video, girato 4 anni fa in un centro ippico, in cui frusta un cavallo con insistenza. Dujardin, fra mille scuse, parla di «errore di giudizio».
La cavallerizza è dunque ora a terra, mentre il cavallo umiliato è stato assurto a simbolo supremo da tutelare. Ma a farvi caso, è proprio la stessa configurazione dei Cavalli di Marly, storica collezione scultorea conservata al Louvre e attualmente, per le Olimpiadi, al centro di una mostra a due passi da Versailles, sontuoso cuore dell’equitazione pentacerchiata: in due parole, un palafreniere arranca sotto un cavallo rampante.
È salutare che ai Giochi degli sponsor miliardari affiorino umanissimi spruzzi di vergogna. Che questa suprema vergogna riguardi violenze "innaturali", invece, è sintomatico dei tempi. Sennò, perché mai una capitale come Parigi avrebbe speso 1,4 miliardi di euro per "sanare" la Senna ferita dagli inquinanti?
Anche se fatichiamo a riconoscerle, certe linee si muovono nel nostro rapporto con la natura. Naturale, allora, che un’Olimpiade rispecchi pure tutto ciò.