Scaffale basso. C'era una volta e c'è ancora. Il ritorno delle fiabe
ITALO CALVINO. COLA PESCE, ILLUSTRATO DA SIMONA MULAZZANI. GIUFÀ E LA STATUA DI GESSO, ILLUSTRATO DA FABIAN NEGRIN; MONDADORI, 17 EURO
Fiabe italiane raccolte dalla tradizione popolare durante gli ultimi cento anni e trascritte in lingua dai vari dialetti da Italo Calvino. Con questo titolo Italo Calvino pubblicava nel 1956 la sua raccolta di 200 fiabe. Dall’editore Einaudi che con lui aveva concordato quest’opera importante pensata nelle intenzioni come una sorta di collante culturale, rispetto al folclore e alle mille tradizioni orali, per la nuova Italia che, uscita dalla dittatura fascista, rinasceva. Un cibo comune delle origini per la mente di una generazione di bambini che cresceva unita dalla democrazia e da una lingua comune. Dopo un lungo lavoro di ricerca Calvino si trovò nelle mani un patrimonio consistente che necessitava di un intervento nei contenuti e nella lingua, di una traduzione che nulla togliesse all’immediatezza dialettale del racconto orale, ma che fosse accessibile alla comprensione dei più piccoli. Il risultato è stato un libro meraviglioso in cui – per citare Natalia Ginzburg – “si respira l’aria libera della fantasia e insieme l’aria aspra e libera della realtà”. Nell’anno del centenario della nascita di Calvino, Mondadori presenta alla Fiera del Libro di Bologna in corso da oggi a giovedì, due straordinari albi di due tra le fiabe italiane più amate dell’autore (17 euro cadauno) in una veste straordinaria: le immagini di Simona Mulazzani, premio Andersen 2016 per l’illustrazione accompagnano Cola Pesce, l’indimenticabile favola del bambino che si trasforma a metà in pesce. Mentre Fabian Negrin, premio Andersen nel 2000 come miglior illustratore, racconta con i suoi colori lo scemo Giufà e la statua di gesso. Per tutte le età.
I RACCONTASTORIE. UN VIAGGIO NELLA STORIA SEGRETA DELLE FIABE E DEI LORO AUTORI. NICK JUBBER; BOMPIANI; 25 EURO
Le fiabe si sono intrufolate da sempre nella vita di Nick Jubber, pluripremiato scrittore di viaggi. La sua è stata una passione sempre accesa, le ha amate da bambino, frequentate da padre e infine da studioso, quando, racconta nel suo libro: “Era come se per tutta la vita fossi sempre ritornato alla stessa festa, senza sapere, però, chi avesse cucinato tutto quel cibo delizioso, chi avesse fatto le decorazioni e chi avesse scelto la scaletta delle canzoni. Era giunto il momento di scoprire chi fossero queste persone e di ringraziarle”. E di capire cosa le ha spinte a rielaborare certe storie in modo nuovo di zecca attingendo a storie millenarie, a narrazioni orali diverse. Scavare nella vita dei narratori, attingendo a diari, lettere, racconti precedenti mai pubblicati. Esplorare le fiabe arrivate da luoghi lontani, come i Paesi arabi, l’India, la Russia, e poi ingabbiate in Occidente in racconti strutturati. Questo studio è nato così, inseguendo un manipolo di narratori, in un percorso approssimativamente cronologico, che dalla prima raccolta letteraria di fiabe in Europa, l’inizio del XVII secolo, giunge alla metà del XIX secolo. “I personaggi, che spaziano tra diversi contesti e luoghi d’origine – racconta Nick Jubber – comprendono un soldato di ventura napoletano, un giovane siriano in fuga da una carriera nel suk, un aristocratico francese decaduto, la figlia di uno speziale tedesco, un dissidente russo che si trova coinvolto in un complotto per uccidere lo zar, un cortigiano del Kashmir incaricato di rallegrare la sua regina e un danese solitario con l’abitudine di cantare alle piante”. Alcuni nomi, dei sette narratori di cui Jubber racconta vita e opere, sono tra i più famosi, come i fratelli Grimm e Hans Christian Andersen, mentre altri sono sostanzialmente ignoti al grande pubblico, spesso messi in ombra dalle figure più celebri che si sono impadronite delle loro storie: persone come Giambattista Basile, che mentre racconta favole, descrive le credenze magiche talvolta terribili del Sud Italia; il narratore siriano Youhenna Dyâb – Hanna, in breve –, Ivan Chudjakov con le sue tante fiabe incentrate sulla figura della strega Baba Jaga, madame Gabrielle-Suzanne Barbot de Villeneuve o Henriette Dorothea Wild, rimasta sconosciuta ai più pur avendo sposato Wilhelm Grimm. Da loro sono arrivate molte delle fiabe che amiamo e ci hanno fatto sognare. Senza di loro non conosceremmo Aladino e la sua lampada magica né Alì Babà e i quaranta ladroni, Hansel e Gretel, La bella addormentata o La bella e la bestia. Attraverso questi narratori, e viaggiando con loro, si scopre che le storie vengono cucinate in luoghi specifici, e assumono una specie di sapore locale benché la ricetta sia universale. Partono dai luoghi più disparati ma poi percorrono strade incrociandone altre. E il fatto che a distanza di centinaia di anni continuino a parlarci testimonia di persone che hanno conosciuto ogni sfaccettatura dell’animo umano e hanno saputo raccontarla.