Scaffale basso. Cari nipoti, vi racconto la «bella Resistenza». E l'antifascismo
Fare memoria della Storia che ha coinvolto il nostro Paese e l’Europa tutta, nei primi cinquant’anni del secolo scorso, non è solo un dovere per ciascuno di noi di conoscere da dove veniamo e di quale tempo tragico, di morti, lutti e distruzioni sia intrisa la democrazia di oggi. È anche rendere onore e testimonianza, a chi – uomini, donne e ragazzi con un nome e il sogno di un futuro davanti a sé - quella tragedia ha attraversato, mostrando un coraggio sconfinato, resistendo agli orrori nazifascisti, mettendo a rischio o pagando con la vita la scelta di non piegarsi alla follia del tempo.
Questo libro La bella Resistenza. L’antifascismo raccontato ai ragazzi (Feltrinelli;13 euro) lo esplicita l’autore Biagio Goldstein Bolocan, salda un debito contratto con sua nonna Emma e la sua grande famiglia, i Damiani Bolocan. La nonna che nel 1922 – quando le squadracce fasciste marciavano su Roma, aveva tredici anni, nel ’38 quando vennero emanate le leggi razziali ventinove e trentasei alla fine della guerra nel 1945. In quel tempo tragico la famiglia della nonna ha reagito con un coraggio formidabile: “In una parola bella e nobilissima, ha resistito, ha fatto resistenza. Resistenza, in quell’epoca così spietata significava combattere la paura, mettere da parte i propri interessi, pensare al bene comune anziché al tornaconto personale e compiere atti concreti per resistere alla barbarie, a quello che le persone che credono in Dio chiamano il Male”.
Ecco perché raccontare è l’unica cosa che lui, da nipote, oggi può fare. Nella speranza che chi legge possa imparare un po’ di quella storia ed ”entrare nella vita di altre persone che hanno avuto in sorte di attraversare tempi duri, feroci e crudeli”. Perché questi furono gli anni del fascismo e della guerra, ancora più drammatici per chi come la famiglia della nonna Emma aveva scelto di
difendere strenuamente la libertà, e testimoniare l’esistenza di un’Italia libera e democratica, in opposizione al Paese violento e vigliacco piegato sulla dittatura.
Il romanzo familiare s’intreccia, a capitoli alternati, alle pagine salienti della Storia di quegli anni, a cominciare dal 29 giugno 1914 con l’attentato di Sarajevo che ha aperto le porte alla Grande Guerra fino ai giorni susseguenti il 25 aprile 1945. Sfilano nella ricostruzione di Biagio Goldstein Bolocan le figure del bisnonno Eugenio Damiani, ingegnere socialista e antifascista della prim’ora e di suo figlio, lo zio Mario, arrestati, deportati e uccisi barbaramente. Degli altri zii e del gruppo di studenti coetanei – molti dei quali diventeranno esponenti di spicco della Resistenza - che fin dai tempi del liceo Berchet a Milano
militano tra le file di gruppi antifascisti discutendo e confrontandosi su un’idea di Paese diversa da quella che il regime andava imponendo.
Al racconto dei decenni drammatici che attraversano gli antifascisti Damiani si somma poi il destino drammatico dei nonni Emma e Alexandru Goldstein Bolocan, ingegnere ebreo rumeno, costretto a fuggire per sopravvivere alle persecuzioni razziali, separandosi dai figli e dalla moglie. Nonna Emma, appunto, sfidata dalla eccezionalità della storia. E riuscita a conservare la propria umanità. Dai 13 anni