Scaffale basso. Quei bambini assenti all'appello perché uccisi dalla mafia
Nessuno risponde all’appello in questa classe. Tutti i banchi sono vuoti, silenziosi, nessuno degli allievi è tornato a sedersi lì a riempire di voci, domande e allegria le aule della scuola del quartiere napoletano Siberia. Nessuno di loro ha potuto crescere, diventare adulto, realizzare i propri sogni, imparare un lavoro, trovare un amore e la felicità. Vivere con diritto una vita spensierata degna dell’età. Sono i bambini e le bambine, i ragazzi e le ragazze vittime innocenti della violenza di mafia assenti nelle scuole e nelle loro famiglie per sempre. Angelo, Giuseppe, Vittorio, Nicholas, Angelica, Annalisa, Rita, Luigi e tanti, tanti altri – impossibile nominarli tutti - sono morti per mano di criminali spietati e senza scrupoli, spesso altrettanto giovanissimi. Per vendetta, crudeltà, o perché qualcuno se ne è fatto scudo.
Altri sono morti per caso, trovati nel posto sbagliato nel momento sbagliato, colpiti da proiettili vaganti mentre giocavano con gli amici o erano in braccio a un parente. A raccontare le loro storie, come fossero compiti in classe scritti di loro pugno, è Rosario Esposito La Rossa, primo ad aver aperto una libreria nel difficile quartiere napoletano di Scampia: “La Scugnizzeria”, la casa degli scugnizzi dove centinaia di bambini passano pomeriggi e si formano attraverso letture, corsi e attività ludiche. Con le sue storie tutte vere, drammatiche e dolorose come un colpo allo stomaco Assenti. Senza giustificazione, pubblicato da Einaudi ragazzi, è una denuncia della responsabilità collettiva e del fallimento del mondo adulto rispetto all’infanzia più a rischio e ai suoi diritti, ma è anche uno spaccato di Storia del nostro Paese, dove i bambini e le bambine vittime delle mafie sono molti di più dei ventidue raccolti in questo libro. E ricordarlo è un dovere di verità. Dai 13 anni
Lettura con andata e ritorno: stessi personaggi ma due storie diverse, una di emarginazione quando leggi dall’inizio alla fine, l’altra di inclusione se leggi risfogliando dalla fine all’inizio. (Non) C’è posto per tutti - firmato dagli australiani Kate & Jol Temple, coppia collaudata nel lavoro e nella vita, e illustrato dalla neozelandese Terri Rose Baynton (Il Castoro; 14 euro) - è un albo congegnato in modo davvero originale. Il rifiuto che incontrano una foca e il suo cucciolo senza casa ad accedere a uno scoglio abitato da altre foche è categorico: non possono approdare, lì non c’è posto per tutti, gridano quelli che già lo abitano! Che vadano altrove. Lo scoglio è casa loro e nessun altro ha il diritto di venire ad abitarlo.
Non importa se il mare è in burrasca, la mamma e il suo piccolo non hanno più uno scoglio loro e non sanno dove trovare rifugio. Devono andarsene. Ma davvero non c’è posto per i due? Arrivati all’ultima pagina, se si legge alla rovescia, tornando indietro, testo e immagini lasciano scoprire tutta un’altra storia, di accoglienza e generosa ospitalità. Sostenuto da Amnesty International, questo albo non solo rivela che non ci sono mai motivazioni oneste e giuste per non accogliere chi non ha casa, ma che spesso basta osservare il mondo da un diverso punto di vista per allargare i propri orizzonti e scoprire un’altra verità. Dai 5 anni
Quando si potrà tornare ai giochi di un tempo, scendere sotto casa a giocare a pallone con i bambini del quartiere, ecco che arriverà di nuovo al pettine il nodo di “quelli che decidono” (chi può giocare e chi no) e “quelli che non decidono “. Mai. Perché prima o poi i bulli del quartiere, gli arroganti patentati ricominceranno i loro giochi sporchi. E’ questo il punto di partenza di un saggio e illuminante libriccino rivolto ai più piccoli realizzato dall’illustratrice svedese Lisen Adbåge Qui comandiamo noi! per l’editore La Margherita (14 euro).
Il meccanismo su cui si regge la storia è noto e sempre uguale a se stesso: i prepotenti anche se numericamente inferiori ordinano, esercitano il proprio potere con la minaccia sulle vittime che accettano, obbediscono e si tolgono di mezzo. Non c’è via d’uscita? La storia di Lisen Adbåge dimostra il contrario, e cioè che gli arroganti contano sulla debolezza altrui. Ma se si usa la fermezza e un linguaggio chiaro, se si fa gioco di squadra contro le pretese dei prepotenti, ecco che la loro prosopopea si sgonfia. Una buona lezione di autodifesa dal bullismo per i più piccoli. Dai 4 anni