Savonarola il frate riformatore e profeta
Stavolta ne è passato parecchio, ma lui, ferrarese di nascita e fiorentino d'elezione è con ragione “confratello d'Italia”. Girolamo Maria Francesco Matteo Savonarola nasce il 21 settembre 1452, studia prima da medico e poi da letterato, ma poi forse anche per un amore respinto dalla bella Laudomia Strozzi, la famiglia rivale dei Medici, a 23 anni si fa frate domenicano a Bologna: prete medico delle anime.
Nel 1482 arriva a Firenze, nel convento di San Marco passato alla storia anche per i dipinti del Beato Angelico. È la svolta: da lì capisce che è necessaria una grande riforma della Chiesa e della società, e non ci va leggero: «Una volta li calici eran di legno, ma li prelati eran d'oro. Oggi li calici sono d'oro, ma li prelati sono di legno!»
Parole «brucianti»: come un indizio del suo futuro. Lo mandano a Brescia, ma anche lì è un incendio. A sorpresa nel 1490 Lorenzo de' Medici lo richiama a Firenze: vuole rinnovare la città e uno come lui può servire. I confratelli lo fanno priore di San Marco e lui accentua il carattere profetico della sua parola. Lorenzo però muore, arrivano i francesi di Carlo VIII e cacciano i Medici. La gente smarrita sceglie lui come guida che dichiara guerra aperta alla corruzione di chierici e laici. Annuncia che Firenze è la città eletta da Dio, nuova Gerusalemme, nuova Roma contrapposta alla Roma corrotta di un “Giuda” spagnolo arrivato sul soglio di Pietro come Rodrigo Borgia, Alessandro VI, che lui dichiara simoniaco, immorale, intrigante in politica e finanza, succube dei disegni dei figli corrotti e dissoluti. Proclama la Repubblica di Firenze, con il Consiglio Grande del popolo, ma con a capo Cristo Re per una riforma immediata della società e della Chiesa…L'annuncio è perentorio: altro che Giubileo del 1500 in arrivo! Se non si cambia tutto, arriverà il Giudizio di Dio, nel nome di Cristo Re della Repubblica fiorentina e contro il traditore del Tempio che trionfa in san Pietro. Altro che alba luminosa di tempi nuovi, altro che Rinascimento in arrivo: scienza ed arte invece di elevare gli spiriti li corrompono, tornano i vizi pagani, anche nella casa di Dio, che da baluardo è diventata terra del vizio…Non pesa le parole, i suoi seguaci non pesano gli atti, e finisce isolato, stritolato tra i Medici tornati al potere e il Papa, che nel 1497 lo scomunica: un Anno Santo con lui tra i piedi è davvero rischioso! Catturato, imprigionato, processato, condannato a morte, nella sua Firenze impiccato in piazza e poi già cadavere bruciato il 23 marzo del 1498. Passa, lui, per una Porta Santa diversa: le cronache scrivono di una morte cristiana esemplare, con tutti i conforti religiosi, e non è ironia. Tra le sue opere la gigantesca raccolta delle “Prediche”: sui Profeti, uno per uno, su Giobbe, sull'Esodo, eccetera, un Trattato contro gli astrologi, un altro sull'umiltà. L'edizione nazionale, 20 volumi divisi in più tomi a cura dell'Ordine dei frati domenicani ha avuto tra i curatori Giorgio La Pira, Eugenio Garin, Luigi Firpo. Nel corso dei secoli è presente ovunque: versi poetici e opere teatrali. Roberto Benigni e Massimo Troisi gli indirizzano una lettera devota nel loro “Non ci resta che piangere”. Jovanotti lo ricorda in “Buon sangue non mente”. Oggi ha tanti devoti e tanti monumenti, e la Chiesa, che lo ha riabilitato da tempo, pare in procinto di apprestarsi a beatificarlo con solennità. Meglio tardi che mai! Alla sua salute eterna e, con licenza parlando, un po' a dispetto di papa Borgia…Due memorie diverse: una difficilmente definibile fraterna…