SAPONE DI MARSIGLIA
Riportarli a casa, mettere l'acqua sul fuoco e stendere gli asciugamani, al prato. Un'ora dopo li ritiravo annusando sapone di Marsiglia e sole, puro profumo d'estate.
I tre, sazi, già addormentati. Dalle persiane la luce filtrava dorata, nell'ora del solleone. In quella penombra mi fermavo. Mi sembrava d'essere nata per stare con i miei figli. Ne avrei voluti altri tre, ora. Fare la giornalista, l'inviato, viaggiare? «Non restare a casa, non farti imbrogliare», mi ripeteva sempre mia madre.
Avevo ubbidito. Cent'anni prima forse sarei stata un'arzdora, le padrone delle cascine romagnole: avrei badato a figli, nipoti, galline e vitelli, sgobbando dall'alba, come le mie trisnonne. Il sospetto molesto che sarei stata più felice in una vita nemmeno ipotizzata. In una scelta inconcepibile per noi, le ragazze della generazione liberata.