Santi in Rete: gioia ed esultanza se a scriverne è papa Francesco
Sul punto, i passaggi espliciti della Gaudete et exsultate sono tre “non”. Dapprima (n. 108) veniamo ammoniti a non lasciarci stordire dal «consumo di informazione superficiale» e dalle «forme di comunicazione rapida e virtuale», rischiando che ci portino via «dalla carne sofferente dei fratelli». Poi, più a lungo (n. 115), a non partecipare «a reti di violenza verbale mediante internet e i diversi ambiti o spazi di interscambio digitale», e a ricordare che la condizione di «media cattolici» non esime dall'«eccedere i limiti» e tollerare «la diffamazione e la calunnia». Infine (n. 167) a non sovraesporsi allo «zapping costante» che viene dalla possibilità di «navigare su due o tre schermi simultaneamente e interagire nello stesso tempo in diversi scenari virtuali», metafora del ventaglio di possibilità che la vita attuale offre al necessario discernimento.
Quanto ai «sic», non è difficile andarli a dedurre. A me suonano specialmente familiari due riferimenti trasversali all'intero documento: quello alla mitezza (molti anni fa immaginai che una giovane suora si gettasse in Rete assumendo come nickname la beatitudine evangelica, e come missione quella di pacificare i blog cattolici più infuocati) e quello alla santità «della porta accanto», giacché di quel «popolo di Dio paziente» che Francesco tratteggia (nn. 7-9) continuo a incontrare, in Rete, tanti membri.