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Salviamo almeno lo sguardo dei bambini

Alfonso Berardinelli venerdì 7 giugno 2024
Guardatela, questa umanità di telefonisti. Aprite gli occhi e meravigliatevi di questa fiumana di esseri umani perpetuamente occupati con il loro telefono in mano e la testa china sempre su altro, sempre su un altrove in cui rifugiarsi pur di sottrarsi all’attenzione e alla presenza qui e ora. Che cosa ci si può aspettare da questi schiavi volontari della comunicazione ininterrotta che hanno occhi e testa solo per chi e per ciò che non è qui? Invito chi ancora crede o finge di credere che le tecnologie siano semplici e docili strumenti al servizio della nostra libera volontà comunque inalterata. È vero il contrario: siamo noi a ubbidire a ciò che la macchina mondiale della comunicazione ci impone come un regalo miracoloso e avvelenato che non si può rifiutare. Questo spettacolo quotidiano di esseri umani sempre al telefono come sonnambuli è un incubo, e tale sarebbe sembrato anche a noi se lo avessimo concepito e immaginato venti anni fa. Le tecnologie comunicative sono oggi l’aspetto più evidente di come si realizzano forme sociali di conformismo totalitario: servitù volontaria e obbedienza a ordini che in realtà nessuno ha dato. Che cosa possono pensare menti umane assuefatte all’uso ininterrotto di un canale comunicativo aperto sempre e a tutto? Quale demone meschino e subdolo si è impadronito dell’intera umanità? Provate a chiedere a uno soltanto di questi esseri umani di astenersi dallo smartphone per un solo giorno o solo per qualche ora: quanti sarebbero in grado di tollerare una tale privazione? Sì, il mondo è cambiato perché è cambiata la nozione e l’esperienza della realtà. E’ cambiato il nostro modo di percepirla, di conoscerla, di tenerne conto. La disattenzione ormai è imposta e organizzata su scala mondiale di massa. Si fissa il display e ci si lavora digitalmente facendo scorrere tutto, facendo comparire e scomparire parole, immagini, informazioni, idee, emozioni. In questo incubo informatico coatto, per il quale chissà quale pena Dante avrebbe immaginato, abbiamo fatto entrare per nostra comodità anche la prima infanzia, anche i bambini di due o tre anni che ci trasciniamo dietro in carrozzina e svogliati: anche loro sono lì con il loro schermo mobile da fissare ipnotizzati. Ma tutti sono soddisfatti e fieri perché convinti che questo modo di vivere sia smart e moderno. E dal momento che su internet c’è di tutto, chissà che cosa lasciamo vedere e guardare a infanti e adolescenti. Ma subito dopo i bambini col tablet in mano, la cosa che più avvilisce e demoralizza è vedere preti, frati e monache che si stringono al petto il loro telefonino e non lo mollano un momento, neppure camminando. Riusciranno a pregare, a meditare, a concentrarsi, a leggere, a guardarsi intorno, a riflettere sullo stato della propria fede? Il diavolo esiste e siamo noi a crearlo e invitarlo accanto a noi. Ci rende la vita più facile e gradevole, questo si è sempre saputo. Ci convince anche, magari, che essere come tutti, che fare come tutti sia un segno di umiltà. Salvarsi l’anima è da individualisti? © riproduzione riservata