Sale a 66 anni e 7 mesi l'età per ricevere l'assegno sociale
La modifica della grande riforma alle età delle pensioni dei lavoratori, anche se discutibile, ha una sua coerenza nel contesto del sistema generale. Tuttavia il copia-incolla dell'aumento riversato sull'assegno sociale, sia pure per un solo anno in più, poteva essere tranquillamente escluso, senza eccessivi danni, dall'impianto della stessa riforma per le alte finalità sociali e assistenziali del sussidio. Prova ne sia la conferma del requisito dei 65 anni per il lungo periodo dal 2012 al 2017.
Il provvedimento restrittivo, già segnalato più volte nei mesi scorsi su Avvenire, è passato tuttavia inavvertito nel corso del 2017 da partiti, sindacati e patronati. Una dolorosa distrazione che ricade oggi sulle spalle di migliaia di anziani e di famiglie in oggettivo stato di bisogno e che tuttavia, ancora con la prossima legislatura, potrebbe essere sanata con un adeguato provvedimento.
Lo stesso Inps si sofferma solo di passaggio sulla nuova età dell'assegno, cogliendo l'occasione dal rinnovo delle pensioni di quest'anno (circ. 186 del 21 dicembre scorso: «Com'è noto, dal 2018, l'età per la pensione di vecchiaia e per l'assegno sociale vengono equiparate e allineate a 66 anni e 7 mesi…»).
La situazione imposta agli anziani senza redditi – quest'anno entro 5.889 euro per i singoli e 11.778 per i coniugati – si riflette identica sugli invalidi prossimi ai 65 anni di età. Sono interessati, in particolare, i titolari di pensione di inabilità civile, di assegno mensile di assistenza agli invalidi parziali, di pensione non riversibile ai sordi. Queste prestazioni sono sostituite per legge dal più favorevole assegno sociale rispettando però i requisiti di quest'ultimo. Conseguentemente l'Inps le ricalcola d'ufficio con l'importo dell'assegno sociale solo al compimento dei 66 anni e 7 mesi di età. In assenza di dati sui redditi l'assegno sociale è attribuito, in via provvisoria, senza maggiorazioni.