Sabato Santo tempo per ricordare i preti martiri
racconta il libro, è e resta un prete che fa solo il suo “mestiere”. Per questo il libro è prezioso: insegna che, e non credo solo nel caso italiano, c’è stato, e forse c’è ancora chi perde la vita perché in quel momento si trova in quel posto e in quelle circostanze e chi invece la perde proprio e solo per il fatto che è prete. La differenza è netta, e da noi anche nelle vicende della Seconda guerra mondiale e della Resistenza è importante: infatti ci sono stati molti preti uccisi proprio e solo perché tali. Oltre il fascismo sconfitto anche un comunismo nutrito di antireligione e violenza, e diffuso in mezzo mondo, ha moltiplicato il sangue tra gli innocenti. Esemplare, tra altri, la vicenda di don Giuseppe Galassi, imolese, intransigente per la libertà in tutti i sensi. Durante il ventennio aveva proibito ai suoi fedeli tutte le tessere fuorché quella dell’Azione Cattolica. Nel ’43-44, quando i fascisti portarono via le campane che sarebbero servite per le armi da costruire, disse pubblicamente che con la sola campana rimasta avrebbe suonato volentieri a morte per il Fascio e per il suo Duce alla fine della dittatura. Il 31 maggio ’44 fu ucciso alle 11.30 con 5 colpi di pistola, 2 alla tempia e il suo corpo venne buttato in un fosso e ritrovato da una ragazza, Peppina Valenti, che racconto apertamente ciò che aveva visto. Ancora: don Giovanni Guicciardi modenese di 61 anni, e don Raffaele Bartolini, bolognese trascinato via a sera del 20 giugno 1945 e abbattuto sulla piazza del paese. Ancora: don Luigi Lorenzini, modenese, 64 anni parroco di Crocette, nel 1941. Durante la guerra aveva aiutato i partigiani e nascosto in canonica molti ricercati dai tedeschi e dai nazisti e fascisti. Fu decisiva la sua intransigenza nei confronti del comunismo del tempo: alle 2 di notte del 21 luglio 1945 fu chiamato per andare a curare un malato grave che aveva bisogno dell’Estrema unzione, e all’uscita percosso a morte e finito con un colpo alla nuca. Ancora don Teobaldo da Porto 38 anni, don Umberto Cassina, bolognese, ucciso la sera del 18 giugno 1946 con due colpi di pistola a bruciapelo. Di quest’ultimo il vescovo di Reggio Emilia Beniamino Socche ha descritto con ammirazione nel proprio diario il suo modo di vivere e di morire: esemplare il primo, detestabile e infernale il secondo. Torno all’inizio: festa e annuncio, attesa e speranza… Così questo sabato Santo: Buona Pasqua al mondo intero, Urbi et Orbi, che ne ha tanto bisogno…Lui è “veramente” risorto! © riproduzione riservata