«Suo figlio è emofiliaco». Questa frase lascia un'impronta nell'esistenza di ogni famiglia. La vita non sarà più la stessa, quel bambino non sarà più un bambino come tutti gli altri. Da quel momento in poi tutti, in famiglia, saranno concentrati sulla sua salute, su medici, ospedali, iniezioni. Le prospettive sono incerte: come si evolverà la malattia nel futuro? Potrà mio figlio lavorare? In ogni Paese del mondo i genitori pongono le stesse domande ai medici. Ma la vita di un malato di emofilia in Russia è particolarmente difficile. La malattia tra i poveri, condizione assai diffusa, è devastante. Il governo non garantisce le medicine necessarie e devono farsene carico le singole famiglie. I farmaci costano oltre mille dollari al mese. Dove trovare una tale somma di denaro, quando la paga media in Russia è di 100 dollari al mese? Già altre volte la generosità dei lettori di "Avvenire" ha consentito di aiutare bambini emofiliaci russi, attraverso il Comitato Milano-Mosca. Si tratta di continuare a supportare questi piccoli, perché l'aiuto dall'Italia è l'unica speranza concreta di sopravvivenza. Ecco cosa scriveva la madre di Roman, che a 8 anni non riusciva più a camminare: «Di giorno si sforza di essere allegro, ma di notte sento che piange. Spesso sogniamo che un giorno Roman guarisca e possa tornare a camminare. E non vogliamo svegliarci e tornare alla nostra realtà». Grazie ai farmaci giunti dall'Italia, i medici riuscirono a compiere alcune operazioni complesse e dopo due anni di cura e di dolorosa riabilitazione il bambino ha recuperato la motilità. Racconta Andrei, che ora ha 13 anni: «Quegli italiani non sapevano neppure chi fossi, ma mi mandarono la medicina e potei tornare a scuola». Il Comitato Milano-Mosca, presieduto dal dottor Guido Caprio, sogna di aiutare altri bambini. Tra le emergenze c'è un piccolo appena ricoverato con una grave forma di emartrosi. I suoi genitori sono povera gente, vivono in un paesino e non hanno i soldi neppure per le cose basilari, figuriamoci per i farmaci. Il centro trasfusionale non può provvedere ai preparati di plasma per la cura delle emorragie, perché ne hanno solo 10 dosi già destinate a un altro malato. I medici per il bimbo non possono fare nulla, se non somministrargli degli antidolorifici, che, fra l'altro, possono peggiorare i flussi emorragici. Eppure questo bambino può essere salvato.
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