Romeo e Giulietta su una barca, l'amore come sacrificio
Com'è noto, la struttura del racconto si muove tra passato e presente. A fare da tramite è una Rose ormai molto anziana (una strepitosa Gloria Stuart, habituée di Hollywood fin dagli anni Trenta), coinvolta nel recupero del gioiello che le era appartenuto e che dovrebbe ancora essere nascosto laggiù, nel relitto dello sfortunato transatlantico. Le operazioni sono condotte da una nave attrezzata con tutti i più moderni ritrovati, compreso un computer – avveniristico per l'epoca – che permette di visualizzare una ricostruzione dell'incidente con una grafica molto simile a quella dei videogiochi. Il punto cruciale sta esattamente qui: agli occhi dello spettatore la vicenda si presenta prima come una modesta simulazione digitale e poi come una strepitosa messinscena, allestita senza risparmio di mezzi. Da vero regista-demiurgo, Cameron realizza di persona le riprese sottomarine e, quando arriva il momento di girare la scena in cui il Titanic si spezza in due, si fa imbragare sul ponte per effettuare la vertiginosa ripresa della caduta. Si comporta come un artigiano d'altri tempi, quasi contraddicendo l'entusiasmo per gli effetti speciali presente in molti dei film da lui diretti fino a quel momento (per esempio Terminator, del 1984, e più ancora The Abyss, del 1989). Ma non è così, come dimostra nel 2009 l'epopea tutta virtuale di Avatar, nella quale l'estetica del videogame pare trionfare in via definitiva.
Titanic, insomma, non si limita a rappresentare la fine di un'epoca, ma la fa propria, rielaborandola nei termini di un'avventura romantica che è insieme apologo politico e film d'azione, celebrazione di un amore irriducibile e sottomissione all'inflessibilità del destino. Perché Rose non fa posto a Jack sulla zattera improvvisata su cui ha trovato rifugio? I fan se lo chiedono da vent'anni, senza mai trovare pace. Perché non poteva andare altrimenti, continua a rispondere Cameron: perché nella storia che volevo raccontare dovevano esserci un sacrificio, una separazione, una perdita. Shakespeare sarebbe stato sicuramente più sottile nella sua argomentazione, ma probabilmente – da buon capocomico – avrebbe finito per dare ragione all'esuberante allievo.