Ritorna Filippo La Porta e mette a nudo i «tic» linguistici di un'intera società
L'analisi del linguaggio come metodo e strada maestra per giudicare una società non manca di precedenti: Karl Kraus, George Orwell, Theodor Adorno, fino a Pier Paolo Pasolini, Hans Magnus Enzensberger e Piergiorgio Bellocchio, si sono esercitati nella critica sociale partendo spesso dal linguaggio. Ma anche psichiatri critici come Ronald Laing hanno mostrato che l'interazione linguistica rivela, produce e riproduce patologie psichiche, mentali e di comportamento. Nella prima parte del libro, La Porta svolge una riflessione sulle attuali condizioni dell'esperienza e del senso comune. Nella seconda parte commenta una serie di frasi tuttofare, con l'uso delle quali ci si toglie d'impaccio, si evita il contatto, ci si sottrae alla comunicazione, si anestetizza la responsabilità. «Non c'è problema» esprime un bisogno generale di rassicurazione. «Guarda che ero ironico» svuota di contenuto ogni affermazione. «In qualche modo» è un tic linguistico molto diffuso fra giornalisti e intellettuali, dato che risparmia loro spiegazioni più precise. «Esatto» (come sostituto di un semplice «sì») trasforma la comunicazione in un quiz a premi. Il terrificante «" e allora?» fa sembrare inutile, fastidioso, privo di conseguenze qualunque enunciato o giudizio. «Tuttaposto» è desolante, è solo una pietosa bugia.