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Risuona l'eco del «Requiem tedesco» di Brahms diretto dall'ispirato Kempe

Andrea Milanesi domenica 17 gennaio 2010
Il catalogo di incisioni storiche dell'etichetta Naxos (distribuita in Italia da Ducale) si arricchisce di una nuova uscita che attinge al repertorio sacro e a uno dei suoi più considerevoli vertici: il Requiem tedesco di Johannes Brahms (1833-1897), qui proposto nell'interpretazione offerta dal Coro della Cattedrale cattolica di Santa Edvige di Berlino e dei Berliner Philharmoniker diretti dal grande Rudolf Kempe. La registrazione risale al 1955 e i cantanti solisti erano il soprano Elisabeth Grummer e un mercuriale Dietrich Fischer-Dieskau, baritono allora appena trentenne che già dimostrava una sicurezza tecnica e una profondità di approccio davvero sorprendenti.
Kempe riporta questo capolavoro assoluto nell'alveo della tradizione classica di scuola germanica, in un caleidoscopio sonoro che riflette nel contempo echi del passato e proiezioni nel futuro. Come non avvertire infatti la mano salda del sommo Bach nel modo con cui il direttore dipana le trame contrappuntistiche dell'imponente "fugato" nel finale del terzo movimento («Signore, insegnami dunque che una fine deve appartenermi») oppure l'ombra dell'impronta beethoveniana nel carattere trionfale dell'episodio sinfonico-corale del sesto brano («Perché non abbiamo qui una città stabile, ma cerchiamo quella a venire»), dopo che il baritono ha ribadito l'adempimento della promessa nel giorno della resurrezione finale; o ancora un evidente presentimento della temperie wagneriana, quando nella seconda sezione («Perché ogni carne è come erba») si impone l'incedere maestoso di una sorta di marcia funebre ritmicamente scandita dai lugubri colpi di timpano, a esprimere l'inesorabile richiamo alla corruttibilità della materia.
Ma è tutto sempre e solo riconducibile al genio di Brahms l'impianto generale dell'opera, alla sua sapiente scrittura e alla più sentita ispirazione, come dimostrano i commoventi affreschi del quarto («Come sono amabili le tue dimore») e dell'ultimo movimento dove, sul ritorno dello stesso motivo tematico posto in apertura, il coro suggella il Requiem tedesco con le parole tratte dall'Apocalisse di San Giovanni: «Beati fin d'ora i morti che muoiono nel Signore. Sì, dice lo Spirito, riposeranno dalle loro fatiche, perché le loro opere li seguono».