Il Te Deum intonato durante la messa vespertina dell'ultimo giorno dell'anno si impone come un momento di grande solennità e trepida emozione, occasione di riflessioni e bilanci, riconferme e nuovi propositi. Inno di ringraziamento e di festosa celebrazione per eccellenza, vanta un gran numero di trasposizioni musicali, dissimili tra loro per spirito e ispirazione, comprese tra lo sfavillante vigore del celeberrimo lavoro di Charpentier (sigla dei collegamenti in Eurovisione) e la più raccolta riflessione della versione di Verdi, passando per l'arcobaleno di differenti soluzioni offerte dalle opere di Händel, Haydn, Berlioz, Bruckner e molti altri. Il grandioso Te Deum scritto da Antonio Teixeira (1707-c.1759) ed eseguito per la prima volta nella Chiesa Italiana di Lisbona (Igreja do Loreto) il 31 dicembre 1734 ci introduce nel clima culturale e spirituale che animava la vita artistica durante il regno di Joao V del Portogallo. Si tratta di un lavoro di monumentali proporzioni, per un organico che prevede otto cantanti solisti, cinque cori a quattro parti e un'orchestra composta da flauti, oboi, corni, fagotto, archi e organo; opera di rara esecuzione, si trova oggi al centro di un'incisione discografica realizzata dal gruppo vocale dei Sixteen e da quello strumentale dei Symphony of Harmony and Invention guidati da Harry Christophers (cd pubblicato dall'etichetta inglese Coro e distribuito da Jupiter).
Il Te Deum di Teixeira si impone da subito per la sua freschezza compositiva, continuamente rivitalizzata dal riferimento a un ampio ventaglio di stili; centellinando con sapiente inventiva i suoi colpi ad effetto e sviluppando con gusto quasi teatrale l'articolazione del testo sacro, l'autore si affida via via a soluzioni contrappuntistiche, sezioni policorali, fantasiosi recitativi che preludono ad assoli di intenso colore operistico.
Scegliendo di alternare le ampie strofe musicali di Teixeira e l'intonazione dei versetti in canto gregoriano, Christophers sublima ancor più il carattere solenne della composizione, raggiungendo vette di plastica armonia nella virtuosistica aria per soprano "Patrem immensae maiestatis" e negli ultimi due numeri della partitura, dove un elegante episodio concertato viene travolto da un inarrestabile crescendo, per poi trovare piena risoluzione nella fiduciosa invocazione finale: "In te, Domine, speravi".