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Risiko

Marina Corradi venerdì 16 febbraio 2024
Noi si cominciava a giocare dopo cena. Sparecchiata la tavola, si apriva il tabellone del Risiko. Sapete, quel planisfero con i Paesi colorati e i piccoli carri armati rossi, verdi, blu, graziosi come giocattoli. Le nostre facce, eravamo in tanti, allegre. Potevamo giocare alla guerra, noi ragazzi degli anni ’70, perché credevamo che la guerra da noi fosse finita per sempre. Il 25 aprile, la Liberazione, la fine del nazismo. Tutto, credevamo, finito per sempre. “Dichiaro guerra alla Francia”, diceva uno, barba da anarchico, aria insolente, e allineava i suoi piccoli carri armati sul confine, a Ventimiglia, minacciosi. “Dichiaro guerra alla Cina”, annunciava una ragazza, capelli lunghi, rossi, ricci, una leonessa. La giocata passava di mano, colpi bassi, conquiste fulminee, rapidi annientamenti. La guerra l’avevamo solo letta nei libri di storia, sentita raccontare dai padri. Ma ci pareva già una leggenda: impossibile tornasse. Si andava avanti fino a tardi a giocare, la conquista del mondo richiedeva tempo e fortuna. I carri armati danzavano sul tabellone come dei ninnoli. La stanza era piena di fumo, i bicchieri di rosso. La vita in quelle nostre giovani sere sembrava, se non facile, bella. E, certamente, in pace. (Avere ancora quelle facce, quegli occhi, per una sera). © riproduzione riservata