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Riforme, in «prorogatio» poche ultime speranze

Stefano De Martis domenica 24 luglio 2022
Tre sono le riforme costituzionali che sono state approvate nel corso della legislatura, forse diventeranno quattro con il varo in extremis di quella che introduce (o meglio: reintroduce) nella Carta il riconoscimento del principio d'insularità. Il testo, su cui c'è una sostanziale unanimità, è stato approvato in prima deliberazione da entrambi i rami del Parlamento e in seconda deliberazione dal Senato. Attende l'ultimo via libera dalla Camera e nella riunione del 21 luglio i capigruppo di Montecitorio lo hanno inserito nella lista dei provvedimenti da portare al traguardo anche in regime di prorogatio. Vedremo. Peraltro, trattandosi di una legge d'iniziativa popolare, essa non sarebbe comunque destinata a decadere in seguito allo scioglimento delle Camere e alla fine della legislatura.
Le tre riforme già entrate nell'ordinamento riguardano l'esplicita menzione della tutela dell'ambiente tra i princìpi fondamentali della Costituzione (su cui si è intervenuti per la prima volta nella storia della Repubblica), la riduzione del numero dei parlamentari e l'abolizione del limite di età di 25 anni per partecipare all'elezione del Senato.
Queste ultime due modifiche troveranno la loro prima applicazione nel voto del prossimo 25 settembre. Tutti i cittadini maggiorenni eleggeranno 400 deputati (rispetto agli attuali 630) e 200 senatori (oggi sono 315). I membri dell'intero Parlamento, insomma, saranno meno di quelli che ora compongono la sola Camera. Il che, per esempio, potrebbe aprire la strada a un sistema in grado di ampliare e valorizzare le occasioni in cui il Parlamento si riunisce e decide in seduta comune. Ma si tratta di una mera ipotesi di scuola perché, in realtà, il dibattito sulle riforme istituzionali che avrebbe dovuto prendere la mosse dal taglio dei parlamentari, integrandolo e bilanciandolo sul piano sistemico, non è mai decollato.
Il voto ai diciottenni per il Senato ha un valore in sé perché rende omogenei gli elettorati delle due Camere, limitando il rischio, che si è ripetutamente concretizzato, di maggioranze diverse o disallineate tra due assemblee che hanno identiche funzioni. La sua introduzione è stata quindi un opportuno intervento di razionalizzazione in attesa di porre finalmente mano a una revisione organica del cosiddetto "bicameralismo paritario". La riduzione di deputati e senatori, invece, non è diventata (come poteva e doveva diventare) l'innesco di una riflessione sul ruolo del Parlamento, sul suo funzionamento e sui suoi assetti, ma è rimasta isolata come un gesto di antipolitica fine a se stesso. Non si è stati capaci neanche di accompagnarla con una legge elettorale che tenesse conto delle implicazioni della drastica riduzione dei seggi da assegnare sui meccanismi e sui livelli della rappresentanza.
È ancora da completare persino l'adeguamento dei regolamenti parlamentari, passaggio indispensabile affinché le nuove Camere che si riuniranno il 13 ottobre possano ordinatamente svolgere le loro funzioni. Si dovrebbe provvedere nei prossimi giorni approfittando della prorogatio ex articolo 61 comma 2 della Costituzione. Ma che il Parlamento arrivi a darsi le sue regole nei minuti di recupero aggiunge un ulteriore tocco di amarezza alla brusca fine anticipata della legislatura.