RicordoMario Almerighi: un magistrato dalla parte della Costituzione
"La storia si è fermata" ci consegna non soltanto la sua autobiografia professionale, ma un criterio di lettura della società e della vita pubblica italiana degli ultimi cinquant'anni, con un'idea di fondo: secondo Almerighi il conflitto vero non è tra politica e magistratura, ma tra politica e legalità (e anche tra magistratura e legalità, perché anche per i magistrati può porsi un problema di deviazione dalla legalità e di corruzione).
L'etichetta di «pretore d'assalto» che gli fu apposta, a partire dalla coraggiosa indagine sui petrolieri di inizio anni Settanta, è largamente insufficiente a dare conto di un magistrato che non soltanto non ebbe indulgenza verso la teoria e la pratica dell'uso alternativo del diritto e che sempre criticò quanti «interpretavano i bisogni sociali emergenti sulla base esclusiva della propria coscienza senza neppure porsi il problema di una verifica ancorata ai valori costituzionali o alle scienze sociali», ma che per tutta la vita evitò (sono ancora parole sue) di «porre tutto il bene nella magistratura e tutto il male al di fuori», e che lottò tenacemente, con alterne fortune, contro le degenerazioni provocate, all'interno stesso della magistratura, da una malintesa «cultura dell'appartenenza».
Un ricordo personale: incitandomi ad accettare l'incarico di presidente dell'Associazione "Vittorio Bachelet", mi espresse la convinzione (significativa per chi, come lui, aveva diversa storia e formazione culturale e ideale) che, in questo momento storico, l'apporto del pensiero di ispirazione cattolica sia particolarmente importante per congiungere virtuosamente giustizia e società. Tra tanti iniziative e riflessioni sulla legalità e sull'anticorruzione, meditare il lascito di Mario Almerighi costituisce allora un'iniezione di speranza. Dalla parte della Costituzione.