Ricordando Pier Paolo Pasolini genio e solitudine giocati all'ala
Anche il “Giornale” ha il suo libro da proporre. È di Alessandro Gnocchi, che si dice sicuro di una cosa: «Di fronte a Petrolio (l'ultimo romanzo appena riedito, ndr), viene inevitabile chiedersi che cosa sarebbe diventato Pasolini se non lo avessero ammazzato nel 1975. Era a un passo da un grande cambiamento. Sensibile come pochi ai mutamenti sociali, aveva intuito l'arrivo di una forma perfetta di regime costruito con l'assenso di uomini ridotti a consumatori. Peggio del fascismo: il nuovo regime avrebbe colonizzato anche i desideri e le fantasie, luoghi inaccessibili alle camicie nere». Lo ricordano tutti, dal “Manifesto” (4/3) al “Sole 24 ore” della domenica (27/2). Fino al ritratto di Paolo Di Stefano (“Corriere”, 5/3) con un titolo ossimoro, sintesi impeccabile: «Il solitario rumoroso»: Pasolini era «circondato da una sacco di persone, rimanendo essenzialmente un solitario». Una splendida ala, sul campo di calcio e nella vita.