Molti dei nostri ricordi si compongono di immagini. Ricordi di voci, volti, sensazioni provate, ricordi di fatti e di modi di relazioni: sempre, immagini. Roland Barthes nei Frammenti di un discorso amoroso lo dice in riferimento alle ossessioni del soggetto innamorato: per lui, scrive, «l’immagine è la cosa stessa». Nel tormento del pensiero ricorrente, immagine e ricordo coincidono. Accade per quel che ricordiamo, le gioie così come i dolori. Chi elabori la fine di un amore si districa tra centinaia di visioni di istanti di felicità; chi conosca la pena del lutto di una perdita a seguito di una lunga malattia, ha la mente affollata di immagini della persona sofferente, momenti di lunghe degenze, attimi in stanze di cliniche o in corsie di ospedale, dialoghi con medici, dettagli del viso e del corpo della persona che non c’è più, momenti magari lieti trascorsi con lei. Come ogni forma di nostalgia, il pensiero nella memoria in massima parte si condensa visivo. Stessa cosa vale anche per la nostalgia dei luoghi, quelli pure capaci di mancarci in modo lancinante. Strade, campagne o montagne, il mare, certe luci di dati momenti del giorno o bagliori notturni di un luogo amato: tutto quanto la nostra mente ha trattenuto, ecco incessante lo ripercorre sotto forma di visioni.
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