RESISTERE AL SUCCESSO
Come si distingue la giusta realizzazione di sé, mettendo a frutto talenti che non vanno in alcun modo sprecati, da vanagloria, avidità e ansia di entrare a far parte della super-vita garantita dal non-anonimato e dal successo? Che poi (successo = ciò che viene dopo, ciò che c'è dopo) nell'etimologia si rivela succedaneo dell'immortalità e aspirazione a un'eternità terrena, relegando chi il successo non lo persegue o non lo raggiunge nella miseria di una vita ordinariamente mortale.
Come si resiste all'inganno? Un buon criterio, mi pare, è chiedersi costantemente a chi e a quanti gioveranno le proprie parole e le proprie azioni, facendo in modo che il cerchio del bene sia sempre più ampio. Accettando perfino il rischio di una perdita contingente e di una diminuzione del sé in vista di altro. E degli altri, soprattutto.
Spostare il proprio baricentro fuori di sé. Come fa una madre.