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Rammarico, rinvii e ritorni Quei viaggi dei Papi saltati

Salvatore Mazza sabato 18 giugno 2022
Un po' era nell'aria, e nessuno si è meravigliato più di tanto. Però è sicuro che comunque i diretti interessati ci devono essere rimasti male quando, venerdì della scorsa settimana, il 10 giugno, è arrivato l'annuncio che il viaggio previsto per l'inizio di luglio in Congo e Sud Sudan era stato annullato a causa del persistente dolore al ginocchio che da un po' tormenta Papa Francesco. Ed egli stesso s'è voluto rivolgere, domenica scorsa, «alle popolazioni e alle autorità della Repubblica Democratica del Congo e del Sud Sudan» per esprimere il proprio rammarico e far loro una promessa. «Carissimi – ha detto – con grande dispiacere, a causa dei problemi alla gamba, ho dovuto rinviare la mia visita nei vostri Paesi, programmata per i primi giorni di luglio. Provo davvero un grande rammarico per aver dovuto rinviare questo viaggio, a cui tengo moltissimo. Vi chiedo scusa per questo. Preghiamo insieme perché, con l'aiuto di Dio e delle cure mediche, io possa venire tra voi al più presto. Siamo fiduciosi!».
Non è una cosa che succede spesso, annullare o rinviare un viaggio papale, ma succede. E i precedenti, non tantissimi, ci sono eccome. Nel 1984 Giovanni Paolo II fu costretto ad annullare una tappa del suo viaggio in Canada a causa di una tempesta di neve che aveva colpito il piccolo villaggio dov'era atteso, Fort Simpson, solo mille abitanti inuit su un'isoletta nel punto più remoto dei Territori del Nord Ovest. Wojtyla promise che sarebbe tornato e in effetti, contro ogni previsione, ci tornò tre anni più tardi, nel settembre del 1987, facendo aggiungere quell'unica tappa canadese alla visita negli Stati Uniti. Poi tutti, o quasi tutti, sanno che nel 1994 Giovanni Paolo II avrebbe voluto andare a Sarajevo, capitale della Bosnia, ancora sotto assedio. Tutto era già pronto senonché all'ultimo momento fu costretto ad annullare la visita per l'impossibilità dell'Onu di garantire la sicurezza del Pontefice. Il viaggio fu possibile solo nel 1997. Recupero che invece non fu possibile nel caso dell'Iraq, che nel dicembre del 1999 avrebbe dovuto essere la prima tappa del pellegrinaggio nei luoghi della salvezza, che il Papa avrebbe voluto compiere nel Grande Giubileo del 2000. Anche qui tutto era già pronto quando, in un continuo rimpallarsi le responsabilità tra Stati Uniti e Iraq, all'ultimo momento venne deciso di far saltare il viaggio. C'è riuscito Francesco un anno fa.
Un altro episodio curioso, e credo inedito, risale al 1996. Quell'anno Wojtyla fu tormentato da un'appendicite molto fastidiosa, che specialmente all'inizio dell'anno gli aveva procurato parecchi disturbi (e per la quale sarebbe stato operato a ottobre). Il Papa però non solo non voleva cambiare la sua agenda, ma chiese che venisse aggiunta una visita a un luogo di lavoro da svolgersi come aveva fatto quasi tutti gli anni il 19
marzo, festa di San Giuseppe Lavoratore. Il dottor Renato Buzzonetti, suo medico personale, cercò di fargli capire che con i già dieci viaggi in programma, ben sei dei quali internazionali, potevano bastare, e anzi piuttosto che aggiungere sarebbe stato meglio sfoltire. Ma da quell'orecchio il Papa non ci sentiva, e insisteva. Fino a quando Buzzonetti non si arrese e, allargando le braccia, si affidò al segretario di Wojtyla, Stanislao Dziwisz, perché lo inducesse a più miti consigli. Dziwsz alla fine dovette imporsi, ma Giovanni Paolo II per tutta la settimana successiva non gli rivolse più la parola.