Al di là dell’assonanza con Che Dio ci aiuti con il quale non ha niente a che fare se non il senso del modo di dire, Che Todd ci aiuti, da lunedì su Rai 2 per sette prime serate, è una serie statunitense che in questo clima estivo, più di repliche che di alte temperature, va anche bene in quanto leggera e con poche pretese. Meno bene è proporre tre episodi per volta, anche se questi, al netto della pubblicità, superano di poco le due ore e la trama verticale, quella che inizia e termina con l’episodio in onda, permette anche di non vederli tutti e tre senza per questo perdere granché della trama orizzontale, quella che si sviluppa da un episodio all’altro. Al centro della serie, che può essere definita un legal drama con risvolti da commedia familiare, ci sono mamma e figlio o per meglio dire un figlio scapestrato e una madre in carriera. Lui è il Todd del titolo (interpretato da Skylar Astin), la pecora nera della famiglia, ex investigatore privato, bravo e sveglio ma troppo disinvolto, caduto in disgrazia dopo che la sua flessibile interpretazione della legge gli è costata la licenza. Lei è Margaret (interpretata dal Premio Oscar Marcia Gay Harden), avvocato di successo, donna decisa, ma a tratti anche fragile, che è riuscita a laurearsi mentre si prendeva cura dei suoi tre figli dopo la morte del primo marito. E nonostante abbia un’idea opposta delle regole e dei metodi da seguire per risolvere i casi, decide di offrire al figlio una nuova opportunità assumendolo come investigatore per il proprio studio legale. Il lavoro fianco a fianco, tra differenti punti di vista e battibecchi, contraddistingue la rammentata trama orizzontale, che porterà i due a conoscersi sempre meglio. Mentre la risoluzione rocambolesca di alcuni casi tra rapine e omicidi caratterizza una narrazione verticale con frequenti momenti comici anche se a volte un po’ forzati.
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