Capelli lunghi, barba incolta, coppola calata in testa, sigarette con le cartine, bottiglie più che bicchieri di Calvados, un amore perso e un soprannome che è tutto un programma: Alligatore. Lui è Marco Buratti, ex carcerato ed ex cantante blues, protagonista della serie omonima, L'Alligatore, in onda da ieri alle 21,20 su Rai 2 per quattro prime serate, ma già interamente disponibile su RaiPlay. Tratta dai romanzi di Massimo Carlotto e diretta da Daniele Vicari ed Emanuele Scaringi, la serie, ambientata nella Laguna Veneta, propone una trama noir (o gialla che dir si voglia), con crimini e reati di varia natura, raccontando appunto la storia dell'Alligatore, chiamato così perché dopo essere finito in carcere da innocente, per non tradire un amico, ha imparato a muoversi agilmente nella melma e nelle fosche paludi della criminalità e dei poliziotti corrotti. La sua è una filosofia semplice: «Alcuni serpenti cambiano pelle, ma restano sempre velenosi». Diventato per puro caso investigatore privato appena uscito dal carcere dopo sette anni di detenzione, Marco Buratti è un antieroe per eccellenza, che essendo stato vittima di un'ingiustizia, cerca giustizia per gli altri, muovendosi sempre al limite della legalità, ma senza mai ricorrere alla violenza. Crede nell'amicizia, per lui quasi una fede, che gli consente di tenere insieme una bizzarra squadra di investigatori formata da un ambientalista pacifista, Max detto La Memoria (Gianluca Gobbi) e da un contrabbandiere pistolero dalla mira infallibile con un passato nella malavita milanese, Beniamino Rossini (Thomas Trabacchi). A vestire i panni trasandati dell'Alligatore è un Matteo Martari anima dolente dalle tante sfumature, cupo e nebbioso come il paesaggio lagunare, con la voce dai toni bassi e rauchi e la cadenza veneta naturale essendo l'attore di origine veronese. E fa piacere vederlo protagonista assoluto in questa produzione Rai Fiction e Fandango dopo averlo visto copratogonista al fianco di Cristiana Capotondi (Bella da morire) o di Miriam Leone (Non uccidere) oppure ne I bastardi di Pizzofalcone e soprattutto nell'ottima caratterizzazione di Francesco de' Pazzi nella serie I Medici - Lorenzo il Magnifico.