Dopo La scelta, la grande divisione. Come annunciato, Rai 2 ha proposto ieri il secondo appuntamento sul voto statunitense con il documentario American's great divide, che ripercorre in quattro tappe la storia più recente degli Stati Uniti da Obama a Trump, dalla promessa di unità e dalla speranza di cambiamento incarnata dal primo presidente afroamericano alla ricandidatura oggi di un inquilino della Casa Bianca che ha cavalcato il malcontento di parte del popolo americano sfruttando le contrapposizioni. Quando fu eletto Barack Obama, in molti pensavano che avrebbe potuto sanare le ferite degli Stati Uniti. Al contrario si aprì la grande spaccatura. Dapprima la crisi economica, poi le questioni razziali in un Paese che si divideva su tutto, tanto che Obama, per essere rieletto nel 2012, dovette passare all'attacco e rinunciare al messaggio di unità e cambiamento del 2008. Per di più, appena confermato, subì una sonora sconfitta sulla legge per il controllo delle armi proposta dopo la strage di Newtown, nel Connecticut, il 14 dicembre 2012, quando in una scuola furono uccise 27 persone tra cui 20 bambini. Per Obama fu uno dei colpi emotivamente più duri, ben documentato, come altri momenti, con un montaggio tra foto, video, discorsi e testimonianze. Nel frattempo, in quell'epoca di divisioni su qualunque tema, con l'appoggio al repubblicano Mitt Romney, si affacciava sulla scena politica Donald Trump, un candidato diametralmente opposto a Obama, che puntava a conquistare la base conservatrice e non certo a ricomporre le divisioni, preparandosi così alle elezioni del 2016, che avrebbe vinto per il particolare sistema americano dei cosiddetti Grandi elettori pur ottenendo meno voti in assoluto della rivale democratica Hillary Clinton. Anche per questo le due serate proposte da Duilio Giammaria, direttore di Rai Documentari, hanno dato un contributo importante alla comprensione della complessa realtà degli Stati Uniti e alla conoscenza dei due candidati che oggi si contendono la guida della superpotenza mondiale, oltre a dimostrare ancora una volta che il documentario è un genere particolarmente adatto alla tv e merita, se fatto bene come in questo caso, la prima serata di un canale generalista.