Non sappiamo "come", "quando", e "se" il nuovo governo metterà mano di suo alla riforma Fornero. Insieme al destino di "opzione donna", è incerto anche un ritocco a Quota 100, la pensione anticipata flessibile che, allo stato attuale, con i suoi requisiti e le sue regole, si applica fino al 31 dicembre 2021. Salvo un intervento sulla materia nella nuova legge di bilancio, continua a valere il pieno diritto alla pensione anticipata anche per i lavoratori autonomi in agricoltura, cioè i coltivatori diretti e gli imprenditori agricoli professionali. Ricevendo l'assegno mensile, tutti i "quotisti" non possono però aggiungere un nuovo "reddito da lavoro dipendente o autonomo", pena la sospensione dei pagamenti. Sono consentiti i lavori autonomi occasionali ma non oltre i 5.000 euro. Giocando un po' sulle parole, l'Inps chiarisce (circ. 117/2019) che il termine «lavoro» è diverso da «attività lavorativa». Questo distinguo fa sì che i lavoratori dipendenti per avere la pensione devono cessare il lavoro dipendente in corso, mentre per i coltivatori e gli imprenditori professionali può proseguire l'attività senza cancellarsi dagli appositi elenchi per l'agricoltura. Pertanto resta fermo l'obbligo di continuare a versare la contribuzione obbligatoria alla Gestione speciale Inps per i coltivatori diretti. E lunedì 16 settembre scade la seconda rata dei contributi pensionistici per l'anno 2019, da versare utilizzando il modello F24.
Tuttavia anche i redditi conseguiti per effetto del lavoro autonomo (al lordo delle tasse e al netto dei contributi Inps) sono considerati incumulabili con Quota 100, fino al compimento dell'età ordinaria per la pensione di vecchiaia. Per i coltivatori e gli imprenditori agricoli si deve fare riferimento – precisa l'Inps – al reddito fondiario agrario. Ovvero, come recita il Tuir, «la parte del reddito medio ordinario dei terreni imputabile al capitale d'esercizio e al lavoro di organizzazione, impiegati nei limiti della potenzialità del terreno, nell'esercizio di attività agricole su di esso». Dal reddito agrario si detraggono però i contributi previdenziali. Si tratta dei contributi dovuti su un reddito convenzionale (oggi 58,62 euro) stabilito ogni anno con decreto ministeriale, sul quale si applica l'aliquota del 24% per tutti, senza distinzioni né di ubicazione né di giovane età.