È vero, l'agricoltura italiana miete successi nel mondo. Siamo ammirati per i nostri prodotti tipici, i nostri vini, la bellezza del nostro paesaggio agrario. Ma negli ultimi dieci anni sono stati sottratti all'attività agricola 690mila ettari. Un'enormità. Un tesoro produttivo che non c'è più. È una condizione che deve far pensare: in un decennio abbiamo cancellato una parte importante di una risorsa produttiva per noi fondamentale. Forse è anche per questo che domani qualche migliaio di coltivatori diretti sarà al Brennero: un modo per lanciare l'allarme sulle contraddizioni dell'Europa ma anche sul destino della produzione alimentare del Continente.Ad indicare l'ammontare della perdita di terreno agricolo è stata qualche giorno fa la Coldiretti che dà la colpa alla cementificazione e all'abbandono dei campi, soprattutto nelle aree interne; due eventi che, viene spiegato, hanno anche un «impatto drammatico sull'assetto idrogeologico del territorio colpito in questi anni da frane ed alluvioni». I calcoli sono stati fatti sulla base dei dati Istat relativi alla struttura dell'aziende agricole; elaborazioni che si capiscono meglio se si pensa che 690mila ettari equivalgono a quasi un milione di campi da calcio. E non si tratta solamente di produzione alimentare. «Anche per questo – dice infatti Coldiretti –, oggi più di otto comuni italiani su dieci hanno parte del territorio a rischio frane e alluvioni con quasi 8,6 milioni di cittadini che vivono o lavorano in aree considerate ad alto rischio idrogeologico». Al di là delle questioni legate alla scelta di modelli di sviluppo sbagliati oppure di sicurezza alimentare e fisica, c'è d'altra parte un problema di competitività e di margini erosi esattamente come il terreno andato perduto. E lo si vede spesso. In agosto, per esempio, mentre i prezzi di frutta e verdura sono cresciuti del 6,8% rispetto all'anno precedente, nei campi pare che i compensi si siano ridotti fino a non coprire nemmeno le spese di produzione. Dicono i coltivatori che la situazione dei mercati lattiero-caseario, suinicolo, degli ortofrutticoli e delle carni bovine sia estremamente difficile. Tanto che alcuni stanno per abbandonare la produzione.Se si vuole inquadrare bene lo scenario nel quale le imprese agricole italiane (e non solo queste), si stanno muovendo e che fa da sfondo al Consiglio agricolo Ue di domani, occorre tenere conto anche di tutto questo. Sotto accusa – dicono già gli agricoltori di Coldiretti che saranno al Brennero –, è una «Europa che chiude le frontiere ai profughi e le spalanca ai traffici di ogni tipo di schifezza alimentare, sulle quali si fanno affari a danno degli agricoltori e dei consumatori».