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Quello che l'astronomia può dirci di noi stessi

Umberto Folena domenica 14 aprile 2019
Giorno verrà in cui un intrepido navigatore spaziale, un Ulisse del nostro futuro remoto, punterà la prua del suo Millennium Falcon verso il centro di un buco nero – magari proprio il buco nero M87, quello che abbiamo appena fotografato – deciso a varcare le Colonne d'Ercole galattiche ed esplorar l'ignoto, ad inseguir virtute e canoscenza. Gli astronomi, essendo persone studiate, scrollano la forfora di stelle dalle spalle e sorridono: quel navigatore, con la sua navicella e il secondo pilota umano o alieno, diventerà più che sottiletta, schiacciato e impacchettato; e dopo aver vorticato nella giostra più folle, nella danza più macabra, nel sabba più infernale precipiterà dentro il buco famelico e ingrato, che tutto digerisce e nulla restituisce.
Il buco nero affascina, come tutto ciò che appare terribile e incomprensibile, sovrumano e spietato, peggio del cuore d'abisso del peggiore aguzzino, peggio dell'occhio di Sauron. L'inferno è un buco nero spirituale, che risucchia chi non resiste al fascino del male e vi si avvicina, incauto, per provarne l'ineffabile ebbrezza? Forse. Il buco nero, intanto, appartiene già al linguaggio di tutti i giorni in forma figurata. Ciò che, ingordo, tutto succhia senza nulla restituire, è un buco nero. Buco nero sono certe amministrazioni pubbliche: reclamano continue risorse che, una volta ingurgitate, svaniscono, senza tradursi nei servizi promessi. Un buco nero è il misterioso cuore di certi individui che, facendo leva sul loro fascino perverso, attirano a sé gli animi desiderosi di protezione, di guida, di conforto, di comprensione; abbacinano gli incauti curiosi; e infine li divorano, legandoli a sé per sempre, inghiottendoli senza sentirsene mai sazi. Persone così esistono; e se le abbiamo incontrate, Dio voglia che siamo riusciti a fuggirle in tempo, volgendo la prua del nostro cuore verso stelle luminose.
Un buco nero si sono rivelati certi istituti bancari. Ingannevoli, si erano circondati di luci scintillanti come seducenti sirene: vieni e sarai ricco, quindi interessante, mai solo, vincente. Di sedotti convinti di essere seducenti, che s'inabissano in qualche gorgogliante buco nero, è piena la vita. In un buco nero si ficcano tutti coloro che, inseguendo il benessere, un piacere o soltanto l'assenza di dolore, si affidano a una polverina, a una bottiglia, a una macchinetta vendendole l'anima; o infilano nel buco la testa, finendo incravattati, spremuti in un'eterna agonia dall'usuraio nero più nero di un buco nero, che fa danzare il poveraccio attorno a sé come polvere cosmica presa al laccio e ingoiandolo solo alla fine, quando nulla può più dare, senza scrupolo alcuno.
Il buco nero infatti non possiede né etica né morale e il suo muto proclama è: questo è il senso dell'universo, questo il suo fine e questa la sua fine: il nulla. Alcuni sono convinti che, un giorno remoto, il cosmo terminerà in un colossale e minuscolo buco nero che tutto avrà divorato. I colori termineranno, il buio prevarrà. Sarà vero? Sappiamo così poco di entrambi gli abissi, quello delle galassie e quello dentro di noi, che sarebbe saggio essere prudenti. Anche perché potrebbero aver ragione quei folli sognatori che scrivono fantascienza e che nei buchi neri vedono non la fine ma l'inizio, non un problema ma un'opportunità: e se fossero portali verso altri mondi, innumerevoli e meravigliosi? E se l'Ulisse del futuro remoto avesse ragione? E se non fosse neppure necessario viaggiare per milioni di anni luce ma riuscissimo a fabbricarli qui, i nostri buchi neri portatili, in cui tuffarci allegramente? Ridete pure. Se fosse vivo, Einstein invece si leccherebbe i baffi.