Quello che i libri (non) dicono sulla vita e sull'amore
E forse non è casuale che un bibliomane come lui abbia pronunciato la frase dopo aver ritirato il premio per il romanzo Nati due volte (Mondadori 2000), l'opera in cui racconta, in un corpo a corpo a volte ironico a volte turbato, il rapporto col figlio Paolo, disabile dalla nascita. Libro straordinario, commovente, con aneddoti di vita sconcertanti su medici incompetenti e crudeli. Come lo specialista consultato 13 anni dopo la nascita e che non dà ai genitori nessuna speranza di miglioramento, provando «un brivido di piacere nel rivelarci l'inutilità di un decennio di lavoro»; fortunatamente, la realtà dei fatti ha dimostrato che «era lui che era sbagliato». Ma lo scrittore mette a nudo anche le sue difficoltà nell'affrontare la crescita del figlio, il suo ritrarsi a volte, a differenza della moglie/madre che non molla mai.
Nel passo iniziale padre e figlio salgono sulle scale mobili e Paolo all'improvviso non ce la fa e cade; una piccola folla li osserva, i due poi si siedono a un tavolo e, quando si rialzano, Paolo dice allo scrittore, mentre compie alcuni passi ondeggiando: «Se ti vergogni, puoi camminare a distanza». O l'episodio finale, in cui l'autore osserva da lontano il figlio che avanza da solo, nella via dove abitano: «Chi è quel ragazzo che cammina oscillando lungo il muro? Lo vedo per la prima volta, è un disabile. Penso a quella che sarebbe stata la mia vita senza di lui. No, non ci riesco».
Nel libro compaiono poi riflessioni sul male e sul bene, sul senso del volontariato e anche sulla letteratura. Pontiggia si chiede come mai sia così difficile rappresentare il bene e annota come anche i grandi autori siano dovuti ricorrere a escamotage: Manzoni all'ironia, Cervantes alla follia, Dostoevskij all'idiozia. Altre volte il nostro Peppo tenta timidamente di farsi esploratore dell'Assoluto e dedica alcune frasi alla preghiera, al miracolo e alla guarigione, in passato da lui guardate con sospetto. E a un certo punto riconosce di aver cambiato idea: «Forse preghiera e guarigione convergono, la preghiera è guarigione: non dal male, ma dalla disperazione. Perfino nel momento in cui si è soli, la preghiera spezza la solitudine del morente. Ancora oggi mi mette in contatto con una voce che risponde. Non so quale sia. Ma è più durevole e fonda della voce di chi la nega. Tante volte l'ho negata anch'io, per riscoprirla nei momenti più difficili. E non era un'eco». Parole che sono risuonate ai suoi funerali, lette dal cardinal Ravasi.
Si può certamente dire che Nati due volte è un'opera unica, per delicatezza ma anche per crudezza, nel trattare la questione dell'handicap. Che sta alla pari con un altro romanzo, La giornata di uno scrutatore di Italo Calvino, non a caso definita dal critico letterario di Avvenire Giuseppe Bonura «il miglior romanzo cristiano del '900», anche se scritto da un non credente.