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Quella piazza vuota, una settimana dopo

Alberto Ambrosio venerdì 3 aprile 2020

Venerdì 27 marzo, ore 18. Il gesto umile di Francesco, nella piazza San Pietro vuota, sotto una pioggina surreale, e un azzurro intenso dalle tonalità suggestive e inquietanti, offre una risposta a una serie di quesiti che i contemporanei, cristiani o meno, si ponevano di fronte al dilagare del coronavirus. Ma la Chiesa cosa sta facendo in tutto ciò? Sì, certo, da un lato eleva preghiere tanto antiche nelle chiese, nei sagrati, sui tetti delle cattedrali. Sì, certo, questa Chiesa prega, o meglio i suoi figli hanno intensificato l’implorazione a quel Dio che può far cessare ogni cosa al suo Volere. E di sicuro la guarigione, la fine della pandemia sarà opera di Dio, perché la Causa finale di tutto è sempre Dio. Ma non per questo si può pensare che Dio abbia voluto il virus o la sua propagazione. Dio non vuole mai il male, ma che l’uomo viva e sia salvo.
Sì, la Chiesa prega, ma essa stessa tenta di essere operativa, di offrire il suo sostegno materiale come ha sempre fatto. Si fa vicina all’umanità che è incappata nelle mani di un brigante virus. Sì la chiesa prega ed agisce. Ma forse non basta. Una specie di insoddisfazione ci coglie quasi di sorpresa. Vorremmo che questa Chiesa facesse di più, come se volessimo che, quasi per incantesimo, facesse finire la pandemia e fritornare tutto alla normalità. Non è la vocazione della Chiesa. La Chiesa non è retta da magie né da riti incantatori. Il Corpo di Cristo è incarnato, vive nella realtà storica, non può essere dissociato dalle leggi che reggono questa stessa terra. È nella storia che si dipana la sua missione. Eppure, ci coglie una questa specie di insoddisfazione di una Chiesa che non sappia far altro che elevare preghiere come solo mezzo per alleviare l’angoscia, e un’azione fin troppo frenetica con il rischio di essere sterile. A questa insoddisfazione, risponde il gesto di Francesco che afferma che la Chiesa risponde alla sua vocazione solo e soltanto con quella semplice, disarmante, umile, provocante presenza. Niente altro è richiesto se non quello di essere un mistero in mezzo all’umanità. Questa saprà trovare anche i mezzi e le soluzioni per far fronte, ma la Chiesa non avrà mancato alla sua missione se rimarrà presenza di un Mistero che va al di là di tutto, anche della pandemia.
Il mistero della Chiesa sta nel rinviare sempre al Mistero, con la preghiera e l’azione, ma ancora di più con la sua natura, per il suo solo esistere. In Francesco, unico essere umano in quella piazza il cui colonnato è come un abbraccio a tutta la terra, era presente tutta l’umanità, tutta la Chiesa. Si dimentica fin troppo spesso quell’antico detto che il Papa fa la Chiesa. Ne abbiamo visto la verità proprio venerdì scorso: con il Papa era presente tutta la Chiesa e con lei tutta l’umanità in ricerca della riconciliazione, della Salvezza. Questo gesto, inaugura – o, meglio, prosegue – per la Chiesa un nuovo modo di essere: il puro Mistero della Presenza divina.