Quella giusta distanza tra i genitori e i figli
Pensavo a questo ieri, mentre leggevo su un periodico l'intervista a tre delle ragazzine che hanno partecipato il 15 marzo alla manifestazione in difesa dell'ambiente, organizzata dal movimento spontaneo Fridays For Future: un movimento di ragazzi nel quale si avverte come il sollevarsi di una potente energia vitale e auto-affermativa, rivolta al futuro. Lo pensavo, perché tutte tre le intervistate esprimono con forza la preoccupazione che gli adulti possano appropriarsi del loro movimento: i ragazzi temono che gli adulti, i quali hanno marciato con loro e li hanno sostenuti e accompagnati con entusiasmo in questa avventura, possano insediarsi nello spazio nuovo e ancora tutto da esplorare nel quale sognano di avventurarsi.
Questa preoccupazione mi sembra un elemento insieme nuovo e positivo, perché esprime, in modo inconsapevole e non conflittuale ma deciso, proprio la necessità di ristabilire chiari confini simbolici tra il mondo adolescente e il mondo adulto, confini che sono andati perduti. Le ultime generazioni di adolescenti sono diverse da quelle dei decenni precedenti: la loro conflittualità con i genitori è in generale molto bassa, e non sembrano avvertire un forte desiderio di separarsi psicologicamente da loro. Sul piano delle cose, sono molto più indipendenti che nel passato: fin da bambini vanno all'estero e imparano le lingue, dicono la loro in ogni decisione che li riguarda, gestiscono precocemente e liberamente la loro sessualità con il nostro consenso. In questi percorsi, il genitore appare più come un accompagnatore che come una guida e ciò che più teme è da un lato che il ragazzo perda delle occasioni, dall'altro che lo escluda dalla sua intimità. Per questo motivo lo asseconda, scegliendo di essergli amico: sfugge così alla necessità strutturante di prendere posizione, cosa che richiederebbe di conoscere e dichiarare i propri valori, quelli che fanno da guida alle sua vita.
Nella carenza di valori-guida che diano senso e speranza, il mondo degli adulti rincorre la vitalità dei ragazzi e si inserisce in tutti i loro spazi, nei social come nella realtà. Anche l'idea di conoscere il loro mondo per proteggerli nasconde spesso un senso di sfiducia e un bisogno di controllo: non siamo certi di saper trasmettere loro le coordinate per imparare ad affrontare la vita da soli, e dunque scendiamo in campo invece di lasciarli liberi di giocare la loro partita.
Ma il segnale che ci mandano oggi questi ragazzi va ascoltato: il futuro appartiene a loro e alla loro capacità di progettarlo, attraverso prove ed errori. A noi il compito di fare da sponda con un ascolto attento, di incoraggiarli e se serve guidarli. Perché il passare degli anni, se ben vissuto, non è venire relegati nell'insignificanza, ma mettere a disposizione un'eredità fatta di pensieri e di esperienza. I nostri figli ce ne saranno grati.