Quei “maledetti” intellettuali che aderirono a nazismo e fascismo
In questa linea si colloca la ricerca di Andrea Colombo condensata nel volume I maledetti (Lindau, pagine 264, euro 21): sedici ritratti di personaggi che si sono trovati «dalla parte sbagliata della storia», come scandisce il sottotitolo. Prendiamo, per esempio, il norvegese Knut Hamsun, dimenticatissimo Premio Nobel 1920 per la letteratura. In morte di Hitler, scrisse il 7 maggio 1945: «Era un guerriero, un pioniere dell'umanità e un apostolo del vangelo del diritto di tutte le nazioni. Era una figura di riformatore di altissimo rango e fu suo destino storico di dover lavorare in un tempo di inaudita bassezza, che alla fine lo piegò. Così gli europei devono guardare ad Adolf Hitler. E noi, suoi fedeli seguaci, chiniamo le teste davanti al suo mortale sudario». Ci si sente a disagio a leggere queste parole, e si resta imbarazzati al pensiero che Hamsun, nel 1943, aveva regalato a Goebbels la medaglia del suo Nobel. Ciò nonostante, non è giustificata la serie di umiliazioni a cui lo scrittore quasi novantenne fu sottoposto dopo la guerra, in un calvario di ospedali psichiatrici, essendo stata dichiarata la sua infermità mentale. Anche Ezra Pound, com'è noto, trascorse tredici anni in un manicomio giudiziario, ma la vicenda delle sue simpatie fasciste è troppo complessa per liquidarla in poche righe, e anche nelle poche pagine che Colombo gli dedica, come agli altri protagonisti, nel suo libro. C'è anche chi è rimasto “fedele” fino in fondo, come Filippo Tommaso Marinetti, il fondatore del futurismo (l'unico movimento letterario autenticamente italiano del Novecento), fascista della prima ora, legionario a Fiume con D'Annunzio, che nell'estate del 1942, ormai sessantaseienne, volle andare in Russia come ufficiale dell'Armir, essendo più d'intralcio che d'aiuto nelle riunioni di comando. Rimpatriato alla prima occasione, militerà nella Repubblica sociale sempre spalleggiato dalla moglie Benedetta, scrittrice e pittrice, giustamente valorizzata da Colombo. Marinetti avrà i funerali di Stato il 5 dicembre 1944 nella chiesa di San Sepolcro a Milano: gli saranno così risparmiati i macabri rituali dell'epurazione nel dopoguerra.
Proprio la vicenda marinettiana offre una chiave per rispondere alla nostra domanda iniziale: come valutare l'adesione al fascismo e al nazismo di tanti eccellenti intellettuali? (Nessun processo, a chi militò nel comunismo dei Gulag, disparità di trattamento che non finisce di sorprendere). Forse bisogna distinguere tra l'adesione ideologica e la militanza fattiva: diverso è il caso di Marinetti da quello, per esempio, di Konrad Lorenz, che fra il 1942 e il 1944 «sembra che abbia lavorato alla “selezione” della popolazione polacca», il che non fu di ostacolo per l'assegnazione del Nobel nel 1973. Almeno in alcuni casi è possibile attenersi all'oggettività delle opere (libri, quadri, film) indipendentemente dal dato biografico. Esemplare il caso di Mario Sironi, grande affrescatore al quale il regime chiedeva monumentalità, ed egli rispondeva con opere monumentali sì, ma quasi lugubri, oggigiorno giustamente rivalutate.
Anche Ungaretti dedicò una lirica a Mussolini che gli aveva scritto la prefazione a Il porto sepolto nel 1931: non gli fu perdonato, e non ebbe il Nobel, e tuttavia è tuttora fra i grandissimi del Novecento, non solo italiani. Insomma, bisogna distinguere caso per caso, e intanto conoscere la storia degli altri personaggi del libro di Andrea Colombo non ancora citati: Céline, Benn, Heidegger, Gentile, Riefenstahl, Cioran, Eliade, Wyndham Lewis, Evola, Brasillach, Eliot (sì, anche Eliot).