Quanto pesano le omissioni e il blocco dei fondi Unrwa
Caro Tarquinio, ho sempre avuto un rapporto difficile con i peccati di omissione, sin da quando, bambino, credevo che il sacerdote mi invitasse a confessare "pensieri, parole, opere, o missioni". Anche le missioni peccati? Poveri noi, pensavo. Crescendo ho capito meglio l’ortografia, ma ammetto di fare ancora fatica con il concetto; il che è particolarmente pericoloso in un’epoca, che riguardo a pensieri, parole, e opere sopporta di tutto, ma ha il fucile perennemente puntato con chi omette di schierarsi su qualunque questione. Chi non protesta contro l’ingiustizia diventa complice, si ripete spesso; il che sarebbe sacrosanto, se non fosse per le modalità in cui siamo sospinti a esternare le nostre proteste. Oggi, ad esempio, non si può evitare l’accusa di omessa denuncia verso la reazione israeliana contro l’eccidio del 7 ottobre, che molti sinceri amici del popolo ebraico ritengono smisurata, se non si mette "mi piace" sotto qualunque sproloquio antisemita... E potrei aggiungere altri esempi, dai temi più seri ai più frivoli. Il fatto è che non sappiamo leggere i segni dei nostri tempi. Crediamo di vivere nell’era dell’indifferenza e dell’apatia - "sonnambulismo", lo chiama già qualche sociologo - mentre siamo al contrario nell’epoca dell’isteria perpetua. Crediamo di vivere nell’era "non binaria" dell’ambiguità e dell’incertezza (gli americani, con la loro passione per gli acronimi, ne hanno coniato uno apposta: VUCA, Volatility - Uncertainty -Complexity - Ambiguity), mentre al contrario, poche epoche hanno visto tutto in bianco e nero come la nostra. Con il risultato che non soltanto non riusciamo a ricomporre alcun conflitto, ma riteniamo persino immorale provarci, come abbiamo più volte osservato a proposito della guerra in Ucraina, dove persino papa Francesco si è visto arruolato tra i "putiniani". L’ironia maggiore della nostra epoca sta nel fatto che, proprio mentre crescono le inquietudini (non immotivate, intendiamoci) per i moderni computer che possono "pensare" replicando la logica umana, sono invece gli uomini che stanno "pensando" come i primi computer, seguendo la cosiddetta logica booleana (quella, cioè, che ammette solo due valori, o zero o uno, o vero o falso). Per fortuna o, meglio, grazie a Dio, il mondo rimane ancora sufficientemente complesso. Preghiamo e sforziamoci affinché lo rimanga.
Luca FabriCaro Tarquinio, il commissario generale dell’Unrwa Philippe Lazzarini ha definito "scioccante" la sospensione dei fondi all’Unrwa stessa da parte di Usa, Regno Unito, Canada, Australia, Giappone, Svizzera, Austria, Finlandia e Germania, Paesi Bassi e Italia. L’Unrwa è l’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso dei profughi palestinesi. E il taglio dei fondi è dovuto al fatto che un consigliere di Netanyahu sostiene che Unrwa ha collaborato con Hamas il 7 ottobre. In realtà, non l’Agenzia ma 12 persone che lavoravano con l’Unrwa sono state incriminate da Israele e sono state già licenziate dall’Onu, pur in attesa di verificare la loro reale complicità. Nulla permette, allo stato delle cose, di sostenere che l’Agenzia fosse a conoscenza della eventuale partecipazione dei dodici accusati ai crimini commessi il 7 ottobre 2023 dai miliziani di Hamas. Il blocco dei fondi è comunque vergognoso, anche perché all’agenzia Onu lavorano 30mila persone di cui circa 13mila residenti a Gaza - ben 150 di loro sono stati uccisi negli attacchi israeliani - e sta fornendo assistenza a 2 milioni di persone che hanno perso tutto: case, ospedali, cibo, acqua, dove una banale malattia può diventare letale e dove il freddo e il maltempo causano ulteriori vittime, mentre proseguono le operazioni militari. È vergognoso anche perché l’Unrwa fornisce assistenza ai rifugiati palestinesi anche in Giordania, Libano, Siria e Cisgiordania.
La Corte internazionale di giustizia ha appena ordinato a Israele di prevenire atti di genocidio a Gaza, di cessare l’uccisione dei palestinesi, di lasciare accesso agli aiuti umanitari, di non causare danni fisici o mentali ai palestinesi e di non imporre deliberatamente misure che possono causare danni: entro un mese deve presentare le prove dell’avvio di questo percorso. Anche la Commissione Europea, in un comunicato ha dichiarato di aspettarsi che Israele e Hamas si conformino pienamente alle sentenze della Corte Internazionale di Giustizia. Eppure, alcuni Paesi europei, tra cui l’Italia, si aggiungono a quelli anglosassoni e al Giappone e revocano gli aiuti all’unica organizzazione in grado di essere operativa su un territorio devastato.
Francesco MasutÈ davvero così difficile capire che cos’è un’omissione? È davvero così arduo comprendere perché questa non-azione può diventare assillante come un rimorso, pesante come un’offesa, grave come un delitto e, addirittura, violenta come un’aggressione? Beh, sì, ammetto che da bambino un po’ di fatica a inquadrare un’omissione la facevo anch’io, proprio come il lettore Luca Fabri. Ma, poi, il sommarsi delle esperienze di vita e, per sovrappiù, i doveri del mio mestiere di cronista mi hanno aiutato farlo, in modo scomodo e prezioso.
Oggi, ho scelto di mettere in sequenza le considerazioni contenute nella bella riflessione di Fabri e quelle appassionatamente proposte da Francesco Masut perché portano con concretezza al cuore dolente di una fase storica, la nostra, che appare segnata da interventismi tanto vigorosi quanto selettivi e moralmente discutibili e, insieme, da piccoli e grandi "peccati di omissione". Penso che gli argomenti che entrambi i lettori offrono possano aiutare a cogliere la portata di questa malattia dell’anima, o se volete della coscienza, che segna le nostre società insidiate dai virus dell’egoismo e dell’indifferenza, del calcolo e del sospetto. Papa Francesco non fa che rammentarcelo, suggerendoci metodo, ragioni e scelte di campo a favore dei marginali e dei periferici che possono rivelarsi utilissime per non scivolare lungo la china.
Non voglio ingigantire in alcun modo le dimensioni di un atteggiamento personale e del fenomeno sociale (e politico) a cui dà corpo che preoccupano già così come sono, senza bisogno di enfatizzazioni. Perciò poco fa ho resistito alla tentazione di descrivere un contagio omissivo che "dilaga". Direi che esso è piuttosto una cicatrice amara che, appunto, s’incide e segna e a volte sfigura. Piccola resistenza di parole, la mia, al cospetto di quella operata da chi si rimbocca le maniche e lavora con competenza e visione nella società civile e nelle comunità cristiane (o di altre religioni fondate sull’idea di bene e di fraternità), nella scuola, nella sanità e nelle reti di prossimità garantite da servizi pubblici e da organizzazioni di volontariato. Ma servono, eccome, anche resistenze di parole (e parole davvero resistenti) per affrontare la perdita di senso che induce al "non fare", cioè all’omissione di soccorso, di solidarietà, di lealtà, di amicizia, di pace. Omissioni compiute non per evitare l’errore, ma per evitare di fare il bene possibile e necessario a un altro che - qualcuno lo ha deciso e tanti altri acconsentono- "non merita".
Proprio per questo apprezzo molto la finezza del ragionamento dell’amico Fabri sulla complessità della realtà dei nostri giorni che radicalismi in gran voga tentano ostinatamente di inscatolare nel bianco nero di certi vecchi (e anche per me insopportabili) film di propaganda politica e bellica.
L’antisemitismo, evocato polemicamente in questo nostro dialogo, è un’atroce assurdità che ha generato discriminazioni, lutti e, prima ancora, un pensiero e un immaginario escludenti sino a rendere, infine, possibile l’orrore più grande - la Shoah - la cui evidenza annichilente non ha aiutato, purtroppo, a estirpare la gramigna dell’odio. Tant’è che la malapianta continua a germinare minacciosamente anche a causa di un’altra e troppo praticata omissione, quella dello studio e dell’onesta memoria. Nel caso della guerra in Terra Santa, l’antisemitismo - concetto che qui suona lunare e, al tempo stesso, totalmente rivelatore, visto e considerato che "semiti" sono sia gli ebrei israeliani sia gli arabi palestinesi - non è soltanto e subdolamente usato per tacitare o intimidire, ma viene maneggiato per schierare e arruolare. La realtà dei fatti è, però, persino più dura: nella guerra di Gaza pietà l’è morta, come nei campi di concentramento. È stata sgozzata e sequestrata nel tremendo antefatto stragista del 7 ottobre ed è massacrata nello svilupparsi dei terribili quattro mesi successivi.
Bisogna essere grati a Liliane Segre per averci saputo avvertire subito del rischio devastante. Lei, scampata allo sterminio nazista e dedicata alla semina della consapevolezza in anni sempre più distratti, lo ha fatto assumendo la sofferenza delle vittime dell’una e dell’altra parte e denunciando la disumanità assoluta della china su cui siamo incamminati. La senatrice a vita ha saputo dirlo tempestivamente - le ho già reso omaggio per questo - con l’autorevolezza, la forza e la bellezza che conosciamo e amiamo in lei, lucida testimone che abita il tempo e non si rincantuccia in un angolo di esso, che non si mette mai al riparo di false sicurezze e di facili slogan e ancor meno all’ombra delle armi spianate e di nuovo usate.
Con lo stesso spirito, faccio eco all’amico Masut, e provo a dire, a mia volta, quanto mi appaia "scioccante" la decisione di alcuni importanti Paesi occidentali - guarda caso gli stessi che hanno votato "no" o si sono astenuti in sede Onu sul "cessate il fuoco" immediato a Gaza - di tagliare i fondi all’Agenzia dell’Onu per i soccorsi ai profughi palestinesi (Unrwa). Duole enormemente che l’Italia sia una di queste nazioni disunite. La decisione di impoverire quei mai davvero ricchi soccorsi è sproporzionata e grave, anche perché il blocco del sostegno italiano alle azioni di supporto alla popolazione palestinese costretta a vivere fuori dalla propria terra o da assediata speciale nelle frammentate porzioni che tenta ancora di abitare è un errore madornale e un gesto immorale. E non è maturata adesso, a fine gennaio 2024, dopo la denuncia della partecipazione di una piccolissima parte dei dipendenti dell’Agenzia ai misfatti di Hamas, fatti su cui si sta ancora indagando anche se costoro sono stati subito licenziati. È stata assunta - secondo quanto rivelato da una parlamentare attenta ed esperta come Laura Boldrini, per lunghi anni funzionaria e portavoce dell’Alto Commissariato dell’Onu per i rifugiati - sin dall’ottobre 2023. Se questo è vero, e nessuno lo ha negato, è persino poco definire la mano ritratta all’Italia come una raggelante omissione di umanità, perché tale scelta assume i contorni di una rappresaglia economica contro un’intera comunità, già allo stremo, per i feroci atti di guerra e di terrore di una sua fazione estremista.
Non si può decidere una cosa così e pensare di salvarsi anima e faccia portando in Italia alcune decine di bambini palestinesi feriti e malati. Quest’ultima scelta è buona è giusta, può salvare delle vite, ma non cura la ferita, non sana l’ingiustizia e non aiuta a fermare il mostro della guerra.