Quante “Italiae” nella nostra Italia: le visioni dell’archivio Alinari
Alla fine del primo libro del Don Chisciotte, Cervantes racconta di un giovane che torna in Spagna dopo «aver fatto il soldato nelle Italie». Le Italie. Un’Italia plurale, su cui nel tempo si è posato lo sguardo di fotografi diversi, attenti a restituire le identità mobili e complesse del Paese. Nasce da questo spunto la mostra Italiae. Dagli Alinari ai maestri della fotografia contemporanea, un’iniziativa del ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, promossa da Faf Toscana – Fondazione Alinari per la Fotografia: il racconto del fascino e della diversità degli italiani e dell’Italia, dei suoi paesaggi e della sua creatività a 160 anni dalla sua Unità, che si celebra mercoledì 17 marzo. Attraverso le opere di oltre 75 fotografi, si delinea un’inconsueta narrazione visiva del nostro Paese che mette in relazione autori, tecniche e soggetti diversi, in un dialogo fra fotografia storica e contemporanea, per assonanze o per contrasti, con immagini celeberrime e impreviste scoperte. Un’esplorazione da più prospettive di immagini, tra foto d’atelier, pittorialismo, concettualismo, cronaca e ricerca artistica. Dall’estate, quando si spera si possa tornare a un minimo di libertà e movimento dopo un lunghissimo e durissimo anno pandemico, la mostra – curata da Rita Scartoni e Luca Criscenti - girerà per le sedi della rete diplomatico-consolare e gli Istituti Italiani di Cultura, in un viaggio che toccherà Europa, Asia, Africa e le Americhe. Le “Italie” si presenteranno a un pubblico internazionale che potrà così conoscere e ripercorrere gli snodi di un percorso che, cominciando idealmente dagli Archivi Alinari, giunge attraverso i grandi maestri della fotografia italiana del Novecento alle sperimentazioni contemporanee.
Fratelli Alinari: "Italie" - Florence - Avril 1904. La Tribuna, Galleria degli Uffizi, Firenze, 1900 ca. - Archivi Alinari, Firenze
Un tour che porterà in tutto il mondo anche il prezioso patrimonio dell’archivio fotografico Alinari: parliamo di una collezione di oltre cinque milioni di pezzi, tra fotografie, documenti, libri specializzati e attrezzature tecniche storiche, cui si sono aggiunte adesso quasi 260 mila immagini digitali. Una storia che ebbe inizio a Firenze, nel 1852, quando Leopoldo Alinari fondò il suo primo laboratorio fotografico e diede vita, insieme ai fratelli Giuseppe e Romualdo, alla ditta F.lli Alinari. Poco più di dieci anni dopo, nel 1863, si creò il più antico stabilimento fotografico del mondo, nel palazzo in via Nazionale, oggi Largo Alinari, che per oltre 150 anni è stato la sede della ditta e nel quale si è formato, per sedimentazioni, il ricchissimo patrimonio fotografico giunto fino a noi, uno dei più grandi archivi esistenti. La crisi innescata dalla Grande Guerra portò a un cambio di proprietà, cui poi ne sono seguiti tanti altri: nel 1920 la ditta passò a una cordata di aristocratici toscani, guidata dal barone Ricasoli; nel 1957 ne divenne proprietario il senatore Vittorio Cini, che acquisì nuovi archivi fotografici di grande valore come Brogi, Anderson, Chauffourier e Fiorentini; nella metà degli anni Settanta passò alla famiglia milanese Zevi e nel 1982 a quella triestina dei De Polo che, oltre a realizzare il Museo Nazionale Alinari della Fotografia, acquisì fondi fotografici in Italia e all’estero, procedendo, alla fine degli anni Novanta, alla loro digitalizzazione e vendita. Nel dicembre del 2019 l'Archivio è stato acquistato dalla Regione Toscana, con un’operazione di investimento culturale pubblico tra i più importanti degli ultimi anni, salvandolo dalla dispersione e dallo smembramento, garantendone la conservazione e la sua futura fruibilità e accessibilità. Per gestirlo al meglio, nel luglio del 2020, la Regione ha dato vita alla Faf Toscana - Fondazione Alinari per la Fotografia presieduta da Giorgio van Straten e diretta da Claudia Baroncini, con una sede prestigiosa, Villa Fabbricotti, che tra breve sarà in grado di ospitare tutto l’archivio.
«Un archivio va, prima di tutto, conservato e valorizzato», ha detto nelle scorse settimane per la presentazione del nuovo progetto, van Straten. «Da qui siamo partiti con il nostro primo progetto sul restauro e la digitalizzazione dei dagherrotipi della collezione che ha partecipato al bando del Ministero ottenendo il contributo più alto. Le fotografie sono uno strumento per raccontare il mondo del passato e quello del presente, e questa idea di racconto sarà alla base di molte nostre iniziative». «Uno degli obiettivi principali della Fondazione – aggiunge Baroncini – è raggiungere e coinvolgere nelle proprie attività il pubblico, il più ampio e variegato possibile, attraverso programmi educativi per le scuole, le famiglie e gli adulti, e progetti di mediazione culturale per le comunità, che rendano accessibile e comprensibile a tutti il patrimonio Alinari. L’ambizione è anche trasformare l’archivio in un luogo di formazione sulla fotografia, autorevole, vivace e di rilievo, mettendo a disposizione di studenti, professionisti e appassionati materiali, strumenti, conoscenze e competenze».
In un momento storico in cui l'immagine è l'alfabeto del quotidiano, l’Archivio Alinari, come gli altri preziosi archivi (molti dei quali rischiano purtroppo di perdersi) possono darci gli strumenti per costruire un fruttuoso dialogo fra la storia e il contemporaneo. Una delle primissime iniziative in questo senso è proprio Italiae. Una mostra per presentare l’Archivio e il nostro territorio al mondo. Le Italie degli Alinari, le loro fotografie degli esordi, ma anche tutti gli sguardi di grandissimi fotografi che le tante Italie hanno attraversato, raccontato, guardato nel tempo. Ciascuno a modo suo. Un elenco lunghissimo: da Sella a Stefani, da Ghirri a Berengo Gardin, da Branzi a Giacomelli, da Scianna a Fontana, da Migliori a Zannier, da Vitali a Siragusa. Centosessant'anni di storia e settantacinque sguardi di molte Italie. Da rivedere. Da scoprire. Da custodire.
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