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Quando tutto combacia

Lorenzo Fazzini venerdì 12 aprile 2024
Uno dei mali dei nostri tempi è la mancanza di meraviglia. Quello di cui avremmo bisogno, per dirla con il celebre teologo francese Henri de Lubac, sarebbe una conversione continua: «Che Dio ci impedisca di confondere la routine delle nostre abitudini mentali con la sua verità». Dobbiamo esser grati a quegli scrittori che hanno il dono di farci sussultare perché capaci di aprirci squarci di meraviglia e di stupore rispetto all’ordinario del nostro vivere. Wendell Berry, in una pagina stupenda del suo Un mondo perduto (Lindau), fa vibrare un suo personaggio di una consapevolezza quasi mistica proprio dentro l’ordinarietà del suo lavoro: «Ci fu un mattino in cui mi fermai con una zappa fra le mani a guardare i campi dalla stradina polverosa, e fui sopraffatto dall’improvvisa consapevolezza di quello che stava accadendo. L’aria odorava di vegetazione e di terra rivoltata. Accanto a me, R. T. stava affilando la sua zappa. Lì fermo in mezzo a quel fulgore, con le orecchie che sporgevano dalla falda del cappello di paglia e la bocca probabilmente spalancata, vidi che il campo era bellissimo, che il nostro lavoro era bellissimo. E di colpo mi investì la sensazione che tutto combaciava perfettamente, il posto e noi e gli animali e gli attrezzi da lavoro, e che il cielo ci abbracciava. Vidi con quanta dolcezza questo ci era consentito dalla terra, dagli animali e dai nostri pochi e semplici attrezzi». Questo abbraccio ha il sapore preciso del divino. © riproduzione riservata